Colpevole, Vostro Onore! La confessione che aumenta le tue vendite

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Nonostante gli aforismi su quanto la perfezione non esista, la persistente ricerca di questa condiziona la vita di molte persone.

Le conseguenze sono spesso costruzioni di maschere, senso di inadeguatezza, continui confronti e paragoni e, soprattutto, mettere sotto al tappeto ciò che consideriamo imperfetto o che potrebbe essere giudicato tale dagli altri.

Lo stesso atteggiamento vale anche per le aziende.

Tolto il caso che il confronto con la concorrenza è inevitabile per conoscere il mercato in cui stiamo operando, e che impegnarsi per creare prodotti e servizi di eccelsa qualità è sacrosanto, nascondere i punti deboli non sempre è una scelta produttiva.

Anzi, mettere un tuo limite in bella mostra, se espresso con il tuo copy nel modo adeguato, può diventare un vero e proprio cavallo di battaglia.

Non lo dico io. Non faccio l’opinionista.

Com’è prassi in casa Propagando, a reggere con forza titanica ciò che ho appena detto è un bias.

Pratfall effect: l’effetto scivolone che ti rilancia verso alto

La scoperta di questo bias, ovvero un errore cognitivo che influenza le nostre decisioni, è attribuita allo psicologo Aronson che nel 1966 registra una puntata di un quiz televisivo per i suoi studenti.

Un candidato, dopo una carrellata di risposte corrette (il 92% in totale) si versa addosso accidentalmente (o no) una tazza di caffè.

Aronson divide il suo campione di studenti in due gruppi. A una parte mostra il filmato con il rovesciamento di caffè e all’altra parte il video tagliato.

Il suo obiettivo era capire se quel gesto sbadato influisse (e se sì, come) sul gradimento dello spettatore da parte del pubblico.

Bene, ha influito. E nel caso del campione di domande corrette, gli studenti che hanno indicato segni di apprezzamento maggiore erano quelli che avevano visto il video completo, con il caffè che volava per aria.

Lo “scivolone” ha reso il partecipante al gioco più piacevole agli occhi del suo pubblico.

Per il nostro cervello, una persona che ogni tanto prende una cantonata risulta più facile da approcciare, più alla mano.

È privata di un eventuale aureola di austerità e appare più “umana”.  

Tipo lui…

Molti esempi di questo bias all’opera li troviamo anche nel mondo dell’estetica

L’attrice e modella Letitia Casta, meravigliosa bellezza, è famosa sia per questo che per il suo sorriso “imperfetto” portato con orgoglio (ammesso che per “perfetto” oggi si intende denti dritti, bianchi, proporzionati e attaccati).

Laura O’Grady è un altro esempio, modella “nonostante” le orecchie che molti preferirebbero correggere o nascondere.

Al contrario, lei spesso appare con pettinature raccolte e che le lasciano in bella vista.

Letitia Casta e Laura O’Grady

Nel mondo della consulenza d’immagine, quando si parla di body shape, sono noti alcuni accorgimenti per bilanciare le proporzioni della figura.

Per esempio, chi ha i fianchi più larghi delle spalle, può bilanciare la proporzione prediligendo volumi ampi sulle spalle, maniche a sbuffo, spalline e tagli strutturati.

Per i fianchi, può prediligere colori scuri che “sfinano” ed evitare i chiari che dilatano i volumi.

Jennifer Lopez, fiera rappresentante di questo tipo di body shape, spesso se ne sbatte allegramente e fa proprio il contrario.

Dove molte preferiscono bilanciare la proporzione, lei schiaffa il suo invidiabile e sinuoso lato B evidenziandolo in diversi modi.

E a proposito di esaltare le imperfezioni, esiste una filosofia antichissima giapponese: il kintsugi.

È l’arte di riparare cocci rotti con dell’oro, emblema della riparazione irregolare, della bellezza dell’imperfezione che viene esaltata e impreziosita invece che nascosta.

La rottura non solo non porta un oggetto a essere buttato via, ma lo rende originale e unico visto che i cocci si frantumano in modo irregolare e irripetibile.

Ed è proprio ciò che puoi fare tu con la tua azienda!

Del pratfall effect ne parla ampiamente Richard Shotton nel suo libro The Choice Factory: 25 behavioural biases that influence what we buy.

Insieme a Jenny Riddell ripropone un esperimento non pubblicato condotto da Adam Ferrier che aveva chiesto a 626 persone di indicare il loro biscotto preferito tra due opzioni.

Erano identici, con la differenza che uno aveva i bordi grezzi, irregolari e l’altro una forma precisa.

Ben il 66% aveva preferito quello grezzo: l’imperfezione non solo non l’ha fatto risultare meno attrattivo, anzi… lo ha messo in una posizione di vantaggio!

Il limite che ti fa conquistare il tuo gradino nella legge della scala

Al Ries e Jack Trout, nel libro Le 22 immutabili leggi del marketing, nel parlare della legge della scala, rassicurano che se non sei il primo in classifica nella mente del consumatore e il leader di mercato è qualcun altro, non tutto è perduto.

Raccontano che negli USA, il settore del noleggio auto vede Hertz in prima linea, seguita da Avis e poi da tutti gli altri brand nazionali.

Al Ries & Jack Trout,
Le 22 immutabili leggi del marketing

Avis per anni si era sbattuta a pubblicizzare quanto il suo servizio fosse di alta qualità e il suo slogan recitava che erano i migliori.

Peccato che il migliore, nella testa dei consumatori fosse già Hertz.

Hanno cambiato rotta solo nel momento in cui hanno fatto pace con l’essere i secondi.

Non si sono però limitati a questo: hanno trasformato l’apparente limite della gerarchia dei leader di settore nel loro punto di forza.

Avis è solo la n.2 del noleggio auto. E quando sei solo il numero due devi impegnarti di più.

Questo esempio è famosissimo nel mondo del marketing per il cambio di fatturati rispetto ai 13 anni precedenti… che però calò di nuovo quando lo slogan venne sostituito con “Diventeremo i numeri uno”.

Con la strategia di dichiarazione di seconda posizione, non solo Avis si era appropriata di un posto preciso della gerarchia, non lasciandolo a un’altra azienda…

… aveva anche fatto leva sul bias dello scivolone: mettendo in luce il suo limite si è conquistata il favore di una buona fetta di consumatori.

In base alle ricerche di mercato del tuo settore, anche tu puoi identificare un’eventuale “mancanza” del tuo brand che ti differenzi dai competitor, ammetterla e comunicarla in modo che si trasformi in un punto forte.

Serve però applicare degli accorgimenti.

Con chi funziona?

Prima ho parlato dell’esperimento del candidato al quiz televisivo condotto da Shotton.

L’effetto sorpresa si è verificato quando la stessa sbadataggine col caffè l’ha mostrata il concorrente che aveva dato un 30% di risposte esatte (contro il 92% dell’altro candidato).

Anche in questo caso a un gruppo di studenti è stato mostrato un video con l’incidente e uno in cui la doccia al caffè era stata tagliata.

L’effetto scivolone a questo giro non ha reso più simpatico il concorrente, al contrario: chi ha visto il video in cui si versava del caffè addosso ha mostrato meno gradimento nei confronti del giocatore rispetto all’altro gruppo che aveva visto la versione tagliata.

In altre parole, l’effetto scivolone è un amplificatore delle caratteristiche che ti vengono attribuite, non ti mette in luce positiva a prescindere.

Se hai un brand forte, ti renderà più forte.

Se hai un brand debole, ti renderà più debole.

È un bias che fa il suo effetto soprattutto se i tuoi concorrenti sono “sbruffoni”.

Per esempio, mi sono iscritta da poco a un percorso di allenamenti e volevo benedire chi ha scritto il primo messaggio che ho letto subito dopo l’acquisto.

Ho pensato solo una cosa: Amen.

Ha confermato una filosofia molto in linea con mia – motivo per cui avevo scelto in primis di comprare – e ha creato l’effetto che ogni azienda dovrebbe ottenere quando una persona sceglie di fidarsi:

Oooh, vedi che ho fatto proprio bene a sceglierti?

Inoltre si è differenziata dagli spavaldi concorrenti che fanno proprio l’opposto.

Google & Co. si sono accorti che sono appassionata di sport di vario tipo e di conseguenza sono bombardata da sponsorizzate di coach e atleti di varie discipline: tutti parlano di quanto il loro metodo segreto mi porterà finalmente ai risultati ambiti e nel tempo di mezzo starnuto.

Anche solo per dire qualcosa del tipo “fatti il mazzo, sennò non ti servirà a nulla quello che ho da darti” è più facile che tu trasmetta affidabilità e il tuo potenziale cliente apprezzi l’onestà.

Sei più credibile.

E se il tuo cliente ti giudica come onesto nel “male”, sarà portato a pensare che lo sarai anche “nel bene”.

Mi preme solo specificare un aspetto.

La “colpa” deve essere vera e deve essere davvero un limite

Spesso il “difetto” può essere il prezzo elevato che deve però giustificare una qualità proporzionata.

In alcuni casi può essere il tempo d’attesa per lo sviluppo di un prodotto fatto artigianalmente.

In altri è semplicemente riconoscere che non stai vendendo un miracolo e devi metterci del tuo.

Questi “difetti” fanno leva su bias e meccanismi psicologici specifici, come la scarsità di una risorsa che ne aumenta il valore percepito e il prestigio legato all’alta richiesta.

Tuttavia, questi meccanismi si innescano a condizione che il limite sia vero.

Letteralmente:
“Le cose buone arrivano a chi aspetta”

Per esempio, la birra Guinness va versata in un certo modo e senza fretta.

La loro campagna del ’96 aveva l’obiettivo di trasformare il modo in cui la lentezza di versare una pinta di birra era percepita e incoraggiare i baristi a prendersi il tempo necessario per farlo: 119,5 secondi.

Nel mondo dei servizi, alcuni consulenti hanno liste d’attesa di mesi. Se il professionista è uno, il suo tempo è disponibile in quantità limitata, a differenza di servizi che chiunque può erogare o prodotti che si possono sfornare in quantità industriali.

Se però non sei davvero saturo di clienti, non sarà certo questa la leva da usare: è come se un venditore facesse il prezioso a rispondere al telefono per dare l’idea che è occupato a rispondere alla pioggia di chiamate dei clienti che lo cercano.

… Quando in realtà è seduto al PC con le mani unte di patatine ad aspettare che i lead da chiamare siano diventati abbastanza caldi.

In circostanze simili, puntare sulla rapidità del tuo pronto intervento è più intelligente e realistico che creare una finta scarsità.

Tipo i webinar già registrati da vedere quando viene comodo a te, ma con i “posti a sedere” limitati…

Il team di Propagando per esempio non è composto da un esercito di copywriter.

Non arriviamo a contarci sulle dita di due mani: il livello di esigenza di Andrea e Marco nella selezione dei copy di certo non aiuta a incrementare velocemente il numero di mani e cervelli all’opera.

Studiare un’azienda, il suo settore, il mercato in cui si inserisce e da lì creare il copy in linea con i principi scientifici che regolano il processo decisionale delle persone, non è un processo automatizzato.

Al contrario, è strettamente legato al tempo che la persona deve dedicare alla produzione di questo materiale.

Di conseguenza, se c’è un numero limitato di clienti che ogni mese possiamo seguire è credibile perché è davvero così.

Ogni azienda si trova in una situazione diversa, ha i propri punti forti e punti deboli, e la strategia che porta a crescere una, non necessariamente garantisce lo stesso risultato a un’altra.

Identificare la strategia giusta per te è il nostro lavoro

A prescindere dal tuo settore, gli errori cognitivi e le scorciatoie mentali agiscono nella mente del tuo potenziale cliente e lo guidano nella scelta di comprare o meno da te.

Il neurocopywriting è l’unica disciplina scientifica che ti aiuta a creare materiali di marketing che sfruttano il potere dei bias.

Propagando si dedica da anni a studiare il funzionamento della mente umana con il solo obiettivo di riuscire a scrivere materiali di vendita che accompagnano i tuoi potenziali clienti a sceglierti.

Noi siamo pronti a scrivere per te e aiutarti a moltiplicare i tuoi risultati. Se vuoi sapere come lavorare insieme, ci trovi QUI!