Craig Warwick sosteneva che “La nostra unicità è il dono più prezioso che abbiamo”.
In effetti, accade sempre più spesso che i consumatori ricerchino prodotti o esperienze che non siano disponibili a chiunque, e che perciò generano un bisogno di esclusività ed appartenenza altissimi.
Per questo motivo le “limited edition” stanno diventando sempre più quotate nei mercati soprattutto del fashion, ma anche del food.
Questa strategia viene chiamata anche drop marketing e funziona perché mantiene alto il fattore hype perché producendo pochi pezzi, che vanno esauriti in pochi minuti dalla messa in vendita, la gente non si stufa mai e continua a desiderare di riuscire ad accaparrarsi qualcosa che poi non troverebbe più disponibile.
Il drop – dall’espressione inglese “far cadere” – indica la messa in vendita di prodotti in edizione limitata e in piccole quantità, magari solamente in negozi selezionati, spesso con breve o nessun anticipo sui social network.
É un’idea nata nello streetwear negli anni ’80 e ’90 nel mondo degli skaters e dei surfisti californiani, adottato poi dall’hip hop e dalla breakdance.
Questo modo di vendere è diventato famoso perché all’inizio permetteva di mettere le mani su prodotti a basso costo che poi si sarebbero rivalutati nel tempo per via della tiratura limitata.
Ma cos’è che rende tale un’edizione limitata?
Le possibilità sono infinite: un cambio del packaging, un nuovo colore, un gusto particolare, un servizio aggiuntivo … tutto dipende dal prodotto di partenza e dagli obiettivi da raggiungere.
Un esempio particolarmente noto di limited edition sono le famose scarpe lanciate dalla catena di discount Lidl.
Ve lo ricorderete tutti, no?
Inizialmente “ideate per i fan del marchio” (che poi, chi mai si sentirebbe un fan della Lidl?) , in breve tempo hanno saputo conquistare i cuori di centinaia di persone e nel giro di poco, tra una ressa e l’altra (in barba all’epidemia che c’era in corso) sono andate a ruba come oggetto da collezionismo.
Fin qui tutto molto figo.
Peccato che la settimana successiva si trovassero tranquillamente nei cestoni dei suddetti supermercati a 12.99€.
E quelli che se ne erano comprate a decine per rimetterle in vendita su Ebay a 2.400€… sono rimasti con un palmo di naso.
Ma quand’è che fare drop marketing diventa un boomerang che ti può tornare indietro e colpirti in pieno muso?
In quattro casi:
- Collaborazioni sbilanciate
- Finte edizioni limitate
- Totale mancanza di brand awareness
- Settori improbabili
Il discorso delle collaborazioni sbilanciate e delle finte edizioni limitate è facile da spiegare con l’ultimo caso Swatch.
Da Napoli a Milano in tanti si erano messi in fila già la notte del 25 marzo 2022 per assicurarsi uno degli orologi della nuova collezione Speedmaster MoonSwatch di Omega x Swatch, in uscita il 26 marzo 2022 in alcuni negozi Swatch selezionati del mondo.
Si tratta di una serie di orologi ispirati ai pianeti creati da due dei nomi più famosi dell’orologeria di lusso e streetwear, a un prezzo più che accessibile.
C’è stata una vera e propria MoonSwatch mania, durata circa 24 ore, che ha portato in molti a chiedersi perché in tanti si sono messi in fila per i nuovi orologi.
Su molti blog e siti online sono apparsi anche annunci di vendita al rialzo degli Speedmaster MoonSwatch. Perché quindi questa “corsa agli orologi”?
Che gli orologi Omega fossero oggetti da collezione è cosa risaputa, probabilmente da quando sono stati gli unici segnatempo a essere ammessi alle avventure dell’uomo nello spazio. Il più iconico orologio di Omega è proprio lo Speedmaster Moonwatch, che è stato il primo orologio ad andare sulla Luna: Moonwatch significa infatti “orologio della Luna”.
E certamente la storica azienda svizzera realizza alcuni dei modelli di precisione più esclusivi del mercato, mentre Swatch è conosciuta soprattutto per i suoi modelli giocosi ed economici, molto amati dai più giovani
La collaborazione di Omega x Swatch è un evento unico, tuttavia la collezione di orologi in bioceramica non è né un edizione limitata né numerata.
Per il lancio del 26 marzo 2022 i due marchi hanno prodotto un modello da immettere sul mercato e da vendere in una selezione di negozi Swatch.
Infatti il giorno del lancio si leggeva (e si legge ancora) sul sito Swatch:
“Il lancio di Bioceramic MoonSwatch Collection è un incredibile successo che ha superato tutte le aspettative. Ricordiamo quindi che nelle prossime settimane gli orologi saranno nuovamente disponibili negli Swatch Store selezionati, in quanto non si tratta di un’edizione limitata o numerata. Per il momento, dobbiamo aggiornare il limite di acquisto a un solo orologio per persona fino a nuovo avviso. Ritorneremo a due orologi per persona il prima possibile”.
Tutta sta gente in fila per un’edizione che non era nemmeno limitata.
Le vendite sono state un successo? Per Swatch sicuramente sì, almeno nella prima ondata.
Ricorderete tutti che alla Lidl c’era gente che faceva a pugni per prendersi le scarpe, salvo poi trovarne cestoni pieni durante la settimana.
È la percezione di scarsità ad aver creato smania di acquistare scarpe Lidl e Moonwatch e avrebbe dovuto continuare ad essere mantenuta con lanci continui, magari mensili per i vari modelli ispirati ai vari pianeti.
Di certo non dicendo “calma, calma ce n’è per tutti”.
Per Omega invece il discorso è diverso.
Io sono la persona meno fan degli orologi che ci sia al mondo.
Tuttavia capisco che chi si mette al polso un pataccone da 7-8mila euro lo fa per poterlo sfoggiare.
È un concetto molto banale che sicuramente conoscevi già. Chi compra un orologio da 10mila euro non compra un coso che segna il tempo e fa tictac. Compra il prestigio che ne deriva indossandolo.
Solo che se ti compri un orologio da 10K e poi l’azienda stessa fa la versione “patacca” da 200€ a te girano un po’ le palle. E c’hai pure ragione.
Ad un occhio disattento o inesperto in fatto di orologi (il 99,9% delle persone) potrà sembrare che tu abbia al polso la versione economica. E tutto quel prestigio per cui eri ben contento di aver pagato migliaia di euro va a farsi benedire.
P.S. Non conta il fatto che Omega e Swatch siano brand della stessa holding. I loro target sono completamente diversi e l’uno non può andare in conflitto con l’altro.
Altro caso in cui non ha senso fare edizioni limitate è quando il tuo brand non ha alcuna attrattiva verso i tuoi clienti o non hai sviluppato una community di fan.
Se oggi non stai vendendo come vorresti, la soluzione non puoi pensare davvero che sia inventarsi qualche edizione limitata.
Perché l’edizione limitata funzioni, deve avere gente disposta a volere il prodotto (il drop marketing difficilmente funziona con la vendita di servizi) prima ancora che tu lo immetta nel mercato.
Devi aver saputo creare la fila fuori dalla porta, prima ancora che il prodotto fosse disponibile.
Altrimenti il lancio risulterà come minimo patetico.
Ultimo (ma non ultimo) caso in cui la strategia del drop marketing non funziona è quando canni completamente settore.
Le edizioni limitate fanno leva sul senso di scarsità per creare file di clienti paganti che corrono ad accaparrarsi un pezzo che poi sarà introvabile.
Il problema è che molti marketer confondono la causa con l’effetto.
Male, male.
La scarsità deve essere vera e percepita, per creare hype.
Esempio terra terra.
Molti guri e paguri che ti insegnano il segreto del marchettìn per convincerti che con loro diventerai rikkoh subbitoh ti invitano al loro webinar.
Una strategia potenzialmente corretta, ma quasi sempre presentata nel modo sbagliato.
Dire per esempio “ci sono solo 30 posti al mio webinar” è la classica stron*ata che palesa come quelli che vorrebbero insegnarti a vendere di più, in realtà non capiscano i principi più elementari del neurocopy.
È palese anche alle menti non afflitte dal genio che un webinar è una room virtuale dove invitare quante più persone possibili a cui vendere quanti più prodotti/servizi possibili.
È uno speech di vendita “uno a molti”, dove non ha il minimo senso far credere che ci sia una limitazione dei posti.
Primo, perché la gente di certo non muore dalla voglia di starsene un’ora a sorbirsi il tuo speech.
Secondo, perché se metti “30, 50 o 100 posti disponibili” e poi siete in “20, 40 o 70” fai una figura molto barbina con quei poaretti che invece si erano iscritti e che si sentiranno i gonzi di turno.
Tanto la gente lo sa che uno fa il webinar perché vuole vendergli qualcosa dopo.
Che senso ha inventarsi finte edizioni limitate?
In definitiva, il lancio di un’edizione limitata ha senso quando lo fai su un pubblico caldo, già pre-educato dalle tue precedenti attività di marketing e di copy e in settori dove è già percepito un senso di scarsità e di irripetibilità dell’offerta.
La componente emotiva che rende efficace il drop marketing e che genera quell’hype e quella smania di acquisto che conosciamo non è altro che la paura di perdere… con tutto quello che questa comporta (mancato senso di appartenenza al gruppo, collezione incompleta, perdita di status sociale, ecc.)
Nessuno ha paura di perdere qualcosa a cui non tiene o di cui non gliene frega niente.
È compito del tuo copy “addestrare” il tuo cliente a capire perché deve a tutti i costi mettere le mani su quell’edizione che sarà DAVVERO un’offerta irripetibile.
Ma a quello possiamo pensarci noi… ti basta andare QUI!