Nell’era in cui pare sia stato già inventato di tutto, si fa a gara a chi la “inventa” più grossa.
La corsa è talmente popolata che per incentivare le start up, il web pullula di bandi per finanziamenti a fondo perduto, finanziamenti europei, nazionali e agevolazioni varie per chi si presenta con un’idea innovativa.
Solo per darti qualche cifra, stando ai numeri di truenumbers.com, la regione Lazio da sola ha stanziato più di 123 milioni tra il 2007 e il 2020 per le start up.
Per la serie: “Hai qualcosa di innovativo da proporre? Vai, apri un’azienda, di corsa! Ti appoggiamo”.
O quanto meno questo è il messaggio che passa.
L’innovazione è strarichiesta, oltre che necessaria, in un mercato saturo e annoiato della solita solfa in cui la soglia per impressionarci è ormai diventata altissima.
Morale: se la tua azienda vende prodotti e servizi innovativi, evviva per tutti!
Tappeto rosso per te, che si srotola fino alle porta di casa dei tuoi clienti. Pronti ad attendere il tuo prodotto rivoluzionario a braccia e portafoglio aperti.
O per lo meno così sarebbe, se non fosse che…
Al cervello del tuo cliente il concetto di “innovazione” non piace
Il marketing è pieno di aggettivi come “rivoluzionario”, “innovativo”, “mai visto prima”.
C’è una forte convinzione che se diciamo quanto la nostra trovata “è così nuova che…” stiamo corteggiando con successo il nostro cliente.
Purtroppo però, per il nostro cervello l’effetto è esattamente l’opposto, a meno che non usiamo dovuti accorgimenti nella comunicazione di cui parlerò più avanti.
Tutto ciò che è “nuovo” è di conseguenza incerto. E l’incertezza non sta simpatica al meraviglioso organo che custodiamo nella nostra testa.
A darci un’idea di quanto poco gli piace, ci ha pensato un team di ricercatori inglesi con lo studio Computations of uncertainty mediate acute stress responses in humans.
Hanno monitorato la reazione di due gruppi di persone: ad alcuni era stato detto che avrebbero ricevuto una dolorosa scossa elettrica, ad altri che avrebbero “forse” ricevuto quella scossa.
Ed ecco pronto il paradosso. I volontari che sapevano di andare incontro a scossa certa erano notevolmente meno agitati rispetto ai volontari a cui era stato detto che c’era un 50% di possibilità di ricevere la scossa.
Per il nostro cervello, sapere di che morte moriremo ha un effetto più “rilassante” che vivere una vita sapendo che ogni giorno abbiamo millemila opzioni in agguato di tirare le cuoia.
Anche se ridotto in notevole scala, quando si tratta di fare un acquisto, il cervello reagisce allo stesso modo di fronte all’incertezza.
Con sospetto.
Tanto per essere chiari, non sto facendo la filippica contro l’innovazione. C’è infatti un modo per tranquillizzare quelle parti del nostro cervello che reagiscono con timore e dubbio di fronte a qualcosa di nuovo e diverso da quello che già sappiamo che funziona.
Ce lo insegna Inception
Mi impegnerò a non fare il Caparezza di turno ed evitarti lo spoiler (anche se dopo 10 anni dall’uscita non si dovrebbe più parlare di spoiler), ma se non lo hai visto ti suggerisco caldamente di creare ora una lista di film da vedere e piazzare questo titolo come apri fila del tuo futuro lungo elenco.
Disclaimer: non vederlo né una sera mentre sei già sulla via per raggiungere Morfeo (tipo per rilassarti prima della nanna), né durante una serata pizza, birra e cinema in casa con amici chiacchieroni.
Non ci capiresti niente.
Tornando a noi, a illustrarci come funziona il cervello umano quando dobbiamo inserire un’idea estranea che diriga le nostre scelte, ci pensa Dom Cobb, interpretato da Leonardo di Caprio.
Di lavoro fa l’estrattore… e non nelle miniere.
Estrae su commissione i segreti dalle menti delle persone mentre stanno dormendo.
In qualche modo lui, il suo team e la vittima si attaccano a una macchina che permette di entrare in un sogno condiviso. Si intrufolano nel sogno del malcapitato e tramite trucchi e inganni ottengono le informazioni richieste dal committente.
L’inghippo inizia quando Dom viene ingaggiato per fare un lavoro al contrario: invece di estrarre un’idea, la deve impiantare.
Il team ha delle riserve, finché Dom condivide che un modo c’è, ma non è sufficiente entrare nel subconscio del cliente mentre tutti sono nello stesso sogno.
In questo modo l’operazione potrebbe risultare inutile perché al risveglio la persona a cui è stata innestata l’idea penserebbe “era solo un sogno”.
L’idea non attecchirebbe e verrebbe sputata fuori dal cervello sveglio come una cicca masticata per 3 ore e mezzo.
La soluzione testata da Dom in passato (con esiti che a inizio film non ci è dato sapere), è la seguente: stesso lavoro, ma devono scendere nel subconscio più profondo: una specie di sogno a scatole cinesi.
Devono addormentarsi tutti insieme attaccati all’apparecchio ed entrare nel sogno.
All’interno del primo sogno devono attaccarsi alla macchina ed entrare in un altro sogno (dentro al sogno di prima).
All’interno del secondo sogno devono fare lo stesso ed entrare nel terzo sogno.
Un sogno dentro al sogno dentro al sogno.
Le matriosche del subconscio.
Solo al terzo livello possono iniziare a insinuare l’idea “estranea”. A condizione che prima abbiano rispettato dei passaggi.
A ogni livello, per gradi, devono aver inserito un ricordo finto, credibile rispetto al livello precedente.
Solo così l’idea nel terzo livello potrà essere innestata con successo.
Piano piano, il subconscio amplificherà quell’idea fino a portarla in superficie.
Per esempio, se volessi innestare dal nulla l’idea che il tuo partner ti tradisce, nel primo sogno ti farei vedere qualche scambio di sguardi, nel secondo livello effusioni di nascosto, nel terzo sono amanti a tempo pieno.
A ogni livello aggiungo un pezzo in più a ciò che ti era già familiare.
Sparare direttamente la versione degli amanti desterebbe dubbi e sospetti per il tuo cervello. Non c’entra niente con la versione della realtà che già conosci.
Un’idea che piazzata dal nulla avrebbe destato sospetto o non sarebbe stata considerata neanche per errore, se insinuata in un contesto familiare e a un livello sufficientemente profondo del subconscio, diventa logica e sensata per il nostro cervello da sveglio.
Esattamente come per i prodotti innovativi.
Ora, noi la macchina per entrare nel subconscio del cliente come quella di Di Caprio non ce l’abbiamo…
… ma possiamo usare lo stesso principio di inserire una novità per gradi, aggiungendo un dettaglio a quello che già conosciamo bene.
Il principio di Inception applicato al marketing
Ho recuperato questo reperto del 1976: all’epoca il cordless era qualcosa di rivoluzionario, come dice lo stesso annuncio.
Non l’hanno infatti piazzato nel mercato “a freddo”.
Funziona come qualunque altro telefono, ma è senza fili.
Hanno semplicemente aggiunto un’informazione rispetto a quella che il pubblico conosceva già benissimo: il telefono.
È esattamente il tipo di comunicazione che permette a un’idea mai vista prima di essere accolta con favore dal nostro cervello.
La comunicazione deve essere tipo:
è come quello che già conosci, ma con in più (o in meno) questo dettaglio.
Se questo esempio può sembrare troppo scontato, visto che tutti sappiamo cosa è un cordless, tiro fuori un’altra invenzione, senza dirti subito di cosa si tratta.
Ecco la descrizione che ne dà Wikipedia:
“Ma che vuò ddì?”
Se te ne intendi più di me di lettori digitali, potresti azzardare un’ipotesi.
Ma a prescindere dalla tua intuizione, non c’è nessuna immagine chiara e inequivocabile del prodotto in questione. Potrebbe essere un lettore come un altro.
Se si basasse una campagna marketing su questa definizione… buona fortuna!
In ogni caso Wikipedia non deve vendere nulla.
Ecco, infatti, come lo stesso lettore viene presentato nel contesto di un lancio studiato ad arte per presentare un prodotto innovativo.
Lettore MP3 ultra portatile che mette 1.000 canzoni della qualità di un CD nella tua tasca.
Lo spazio per le 1.000 canzoni c’è grazie all’hard disk.
La qualità della musica è un risultato del trasferimento file grazie alla memoria flash che citava Wikipedia.
Ma questi tecnicismi sono stati bellamente ignorati nella presentazione.
Apple ha presentato la sua novità usando la tecnica di Inception:
è partita da elementi estremamente chiari a tutti e ha specificato in cosa la sua invenzione è diversa.
In altre parole:
– sai cos’è un lettore MP3;
– sai quante sono 1.000 canzoni;
– sai cos’è una tasca.
Senza averlo mai visto e usato, hai capito cosa è un iPod, a che serve e perché è diverso da lettori CD e Walkman.
Un ultimo esempio riguarda le Action Cam, piccole macchine fotografiche che resistono a condizioni estreme.
La leggenda narra che nascono dall’idea di Bob Sinclair, Dio del paracadutismo degli anni ‘60, di riprendere i suoi tuffi in aria e condividere esattamente cosa vedeva lui e in che prospettiva.
La videocamera doveva però essere attaccata all’elmetto, la parte più stabile del corpo mentre precipiti nel vuoto a 200 km/h.
Da quel momento sono stati creati vari apparecchi fino ad arrivare ai predecessori delle attuali Action Cam.
Ecco un altro reperto storico, questa volta del 2005, di Nick Woodman, fondatore di GoPro.
Quella che hai davanti è un’immagine (lo so, non si legge quasi una mazza) tratta da una televendita in cui Nick spiega cos’è la Hero Camera.
“È una fotocamera che puoi mettere al polso come un orologio, anche quando vai sott’acqua.”
Ancora una volta, l’innovazione è stata presentata attaccandola a qualcosa che si conosce bene.
Ma questo non è l’unico vantaggio dell’innesto “graduale” delle idee.
Applicare questa strategia comunicativa non solo ti permette di rendere più accettabile una novità, ma ti porta inevitabilmente altri vantaggi che per un’azienda non guastano mai.
Raggira la paralisi del paradosso della scelta
Quando valuti le caratteristiche di un prodotto o servizio, meno parametri hai da valutare, più sei sicuro che la scelta funzioni.
Il paradosso della scelta si chiama appunto “paradosso” perché la logica vuole che quante più caratteristiche hai davanti, più sei contento delle funzionalità che può avere il tuo nuovo acquisto.
Peccato che per il tuo cervello è un incubo.
Invece di valutare uno, due, tre parametri di un prodotto o servizio che non conosce, deve creare una vera e propria scheda comparativa incrociando le tue 20.000 caratteristiche con quelle della concorrenza.
E poi prendere una decisione.
Tipo così:
È facile andare in tilt, rimandare la scelta o non portarla mai a termine.
Se tu chiarisci per lui il principale elemento differenziante, gli rendi la vita più semplice… e la scelta più facile.
Certo che ti servirà avere una bella sfilza di motivi per cui un cliente deve sceglierti, ma il tuo elemento innovativo deve essere semplice e chiaro.
La macchina, quando venne inventata era definita come una carrozza, ma senza cavalli e cocchiere.
Ovvio che una macchina rispetto a una carrozza ha quel “paio” di meccanismi ingegneristici in più rispetto a un divano con le ruote… ma quello che voglio dire è che non è nel tuo marketing che va rifilata l’abbuffata tecnica.
Serve l’assist a branding e posizionamento
Non solo presentare la tua novità partendo da qualcosa di già conosciuto rende il tuo prodotto innovativo più facile da capire e accettare, allo stesso tempo ti serve un assist per il tuo posizionamento.
Il posizionamento è quel motivo per cui conquisti uno spazio tutto tuo nel cervello di un cliente. Quella caratteristica per cui sei conosciuto.
Tesla è una macchina, ma elettrica.
Il Kindle è una libreria, ma digitale.
Certo che la Tesla ha altri vantaggi: può essere comoda, veloce, silenziosa, bella esteticamente… ma la categoria per cui si piazza nella tua testa è che è una macchina elettrica.
Questo è un aspetto fondamentale, perché è proprio attorno al tuo posizionamento che devi costruire il copy della tua azienda.
Tirando le somme, se costruisci la comunicazione per i tuoi prodotti e servizi innovativi utilizzando il principio dell’innesto spiegato in Inception, prenderai tre piccioni con una fava:
- rendi l’idea innovativa comprensibile e accettabile;
- rendi il tuo elemento differenziante chiaro, evitando la paralisi del paradosso della scelta;
- rafforzi il tuo brand costruendo il tuo posizionamento attorno al tuo elemento differenziante.
Questo principio vale in ogni settore, anche quelli più “astratti”.
In Propagando, per esempio, ci occupiamo di copywriting, ma mettendo in leva nel materiale che scriviamo i meccanismi neuro-psicologici che portano le persone a prendere una decisione.
Non siamo un gruppo di creativi che fumano oppio in attesa di una visione futuristica per lo slogan criptico da presentare a un cliente, e poi incrociamo le dita e speriamo che venda.
Il nostro elemento differenziante è l’uso dei principi scientifici che regolano il processo decisionale umano.
Con questa Bibbia in mano e un costante studio maniacale del mercato e della scienza dietro le parole, creiamo le strategie di comunicazione per i nostri clienti.
Dom Cobb, per entrare nel sistema decisionale delle persone, rischiava ogni volta di rimanere intrappolato in un sogno e non distinguerlo più dalla realtà.
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