Non fare marketing come l’Italia: 4 esempi + 1 da non seguire

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Fare marketing in Italia: “tanto basta la qualità”

A volte odio il mio Paese.

Odio la sua incapacità di sapersi “vendere”.

Odio la sua mentalità attendista, come se tutto fosse dovuto.

L’italiano troppo spesso non conquista. Pretende.

Siamo il Paese al mondo con più patrimoni dell’umanità.

Cazzo, ne abbiamo ben 59.

Il 28 luglio, con l’entrata dei portici di Bologna, abbiamo staccato la Cina (beccate questo, Xi Jinping), seconda ora a quota 56, e la Germania, terza a 50.

E pure a far da magnà ci difendiamo egregiamente.

L’offerta enogastronomica, assieme alla moda e l’arte, è considerata la principale ambasciatrice della nostra cultura all’estero: l’Italia è prima tra le preferenze come meta gastronomica nel mondo (49%), seguita a distanza da Francia (22%) e Giappone (16%).

Alla fine quando fai il turista che fai?

Magni e cerchi cose belle da vedere.

Primi per luoghi di interesse artistico, storico e naturale.

Primi per interesse enogastronomico.

Non ci sarebbe da stupirsi ad essere al primo posto al mondo per volume di turisti.

Peccato che non lo siamo.

E non siamo nemmeno al secondo.

Né al terzo.

E nemmeno al quarto.

Siamo rilegati ad un misero quinto posto, incapaci di valorizzare tutto quello che di straordinario abbiamo da offrire.

  • Francia: 86,9 milioni di turisti
  • Spagna: 81,8 milioni di turisti
  • USA: 76,9 milioni di turisti
  • Cina: 60,7 milioni di turisti
  • Italia: 58,3 milioni di turisti

L’Italia è bella, ma non si sa vendere. Non sa vendere.

Un esempio endemico.

Sono stato a New York tre volte negli ultimi 5 anni.

Salire sull’Empire State Building, può costarti fino a 442$. Quattrocentoquarantadue dollari.

Per prendere un ascensore e salire su un palazzo che non è manco il più alto della città.

È il settimo.

Bravi loro però a sapersi vendere.

E noi invece?

Prendiamo il nostro non plus ultra in termini di attrattività.

Noi abbiamo il Colosseo.

Lo sapevi che nel 2000, durante le Olimpiadi di Sidney, hanno lanciato un referendum mondiale via internet per determinare le “Nuove Sette meraviglie del mondo”?

Il Colosseo è stata la quarta più votata.

Già, abbiamo la quarta meraviglia del mondo in casa.

Chissà quanto costerà allora l’ingresso supermegaVIP in una delle Sette Meraviglie del mondo, se quello nel Settimo Grattacielo più alto di NY costa 450 dollari.

Quarantanove euro.

Con incluso pure l’accesso ai Fori e al Palatino.

A me sta cosa fa salire il crimine. 

Soprattutto perché ogni volta che vado a NY c’è una coda che fa il giro dell’isolato per salire sull’Empire. Con gente che ti vende a 50$ il pass per saltare la fila e arrivare prima alla cassa, dove poi devi pagare di nuovo.

A Roma, pure nelle giornate di punta, in mezz’oretta riesci ad entrare.

Ora, con tutto il rispetto per i 90 anni di vita del grattacielo di New York, possiamo dire che i 2089 anni del Colosseo je fanno un ber baffo?

Possiamo. E dobbiamo.

Ma siamo convinti che siccome c’abbiamo le cose belle da vedere, non serve impegnarsi per convincere la gente a venire a vederle.

Tanto basta la qualità.

Eccerto.

Poi pigliare un biglietto per salire su ascensore riescono a vendertelo fino a quattrocentocinquanta dollari, mentre il simbolo della grandezza imperiale di Roma, l’arena che poteva ospitare fino a 87.000 spettatori (più di qualsiasi stadio moderno), una delle Sette Meraviglie del Mondo, ne costa appena 16 (circa 50 solo se vuoi il saltafila).

Non è un problema di qualità. È un problema di saper creare attrattività.

Non fare marketing come l’Italia

Il cinema ha contribuito alla fama dell’Empire, ambientandovi scene di molteplici film. Tutti si ricordano la prima apparizione cinematografica in King Kong, nel cui celebre finale il gigantesco gorilla viene ucciso dal fuoco degli aerei proprio in cima al grattacielo.

L’ingresso e la visita all’Empire sono gestiti come quelli di un’attrazione di Disneyland. Paghi l’ingresso ma poi paghi per il bar all’interno, paghi per i souvenir con i pupazzetti del gorilla o le magliette di King Kong.

Paghi le miniature del grattacielo, per farti fare la foto ricordo…

Al Colosseo non hanno girato nemmeno il film del Gladiatore.

Paghi (poco) l’ingresso e poi chi s’è visto, s’è visto. Con buona pace dei duemila e passa anni di storia che aleggiano attorno a te mentre cammini tra gradinate e gallerie e che dovrebbero lasciarti in uno stato semiperenne di sindrome di Stendhal.

Ma tanto basta la qualità.

Certo.

Continua a raccontartelo mentre il tuo vicino, il tuo concorrente, il tuo rivale conta i soldi incassati e tu fai i conti la bile che ti sale.

Numeri alla mano, il colosseo nel 2019 ha avuto 6.4 milioni di visitatori, incassando 40.5 milioni di euro.

Nello stesso anno, l’Empire ha avuto 4 milioni di visitatori.

Incassando 105 milioni di dollari e solo dagli ingressi all’osservatorio dell’ultimo piano.

Ma tanto basta la qualità, no?

Continuiamo a raccontarcelo.

Non è solo un problema di marketing.

È un problema di approccio al marketing.

Il nostro paese purtroppo non è mai nuovo nel dare cattivi esempi.

Noi, con il nostro lavoro vogliamo fare l’impossibile per far sì che nessuno dei nostri clienti debba più trovarsi a vestire i panni del “Colosseo di turno”.

Bisogna capire che, se non valorizzata quanto merita,

La qualità non basta

Sia che si parli di patrimoni dell’umanità, che dei beni o servizi che la tua azienda ha da offrire.

Questo NON vuol dire che ora per promuoverti devi fiammare tutti i tuoi soldi in campagne social solo e soltanto per farti notare.

Guarda questi esempi e stanne lontanissimo.

Raramente ho visto azioni di marketing più mirate e strategiche di queste (grande dose di prorompente ironia)

1. “La Reggia di Caserta cambia logo!” Un progetto costato 37.000€

No, questo genere di azioni creative non è sempre un male.

Lo diventa quando questa moda di dover per forza vomitare un logo nuovo, moderno e costoso, contagia gli imprenditori.

Le Web Agency mandano in giro questa malattia come fossero degli asintomatici menefreghisti nel periodo COVID.

Le PMI, infatti, dovrebbero procedere in azioni di marketing che portino ogni singolo euro investito a ritornare indietro moltiplicato.

Lascia perdere queste spesone inutili.

2. Calabria on Ice

La Calabria.

Si promuove a Milano.

Con una pista di pattinaggio sul ghiaccio.

Ora rileggi lentamente.

Inspira.

Espira.

Bestemmia.

3. La mia Liguria, eja!

Grandissima mossa anche quella della nostra Liguria.

Hai 200.000€, prendi un’Elisabetta Canalis qualunque, mescola tutto e automaticamente pensi: “vabbè, con questa campagna, la Liguria si vende da sola.”

Una showgirl sarda che promuove la Liguria direttamente da Los Angeles.

Massì, buttiamola in caciara”!

Ok che la Canalis la conoscono in lungo e in largo.

Ok che tutti hanno saputo di questo spot.

Ma cosa rimane dopo questa operazione? 

Voglio soltanto immaginare l’incremento di turismo che ha avuto la Liguria dopo questa 

incredibile operazione.

4. Italia: Open to cattivo esempio

Di Italia: Open to Meraviglia mi piacerebbe tantissimo non parlarne più, sembra di sparare sulla croce rossa.

Dovevamo trovarci davanti a una delle campagne pubblicitarie più importanti di questo 2023, ma si è trasformata in un disastro sotto tutti i punti di vista.

Non mi serve entrare nuovamente nel dettaglio dell’analisi per farti capire che tu, come me, non puoi permetterti di sperperare il tuo budget per visibilità o soltanto per creare dibattito. 

Alle PMI non cascano i milioni addosso (purtroppo, altrimenti non saremmo qui nè io nè tu).

So che, viste le cifre enormi in ballo, pensi di non c’entrare nulla con questo genere di cose.

Ma i 100.000€ intascati dalla Canalis per dire “la mia Liguria!” nella speranza di mistificare una regione, o i 9 Milioni stanziati dal governo per l’agenzia Armando Testa sono gli stessi soldi che, in proporzione, spendi in Web Agency per una campagna Social, pensando che qualche like e follower in più ti possano svoltare il fatturato.

Noi non siamo l’Italia, non siamo la Liguria, siamo pesci molto più piccoli.

Quelli come noi devono per forza affacciarsi al marketing a risposta diretta.

Giocarci la nostra reputazione seguendo il “purché se ne parli” non vale la candela.

Soprattutto se è molto alto il rischio che le conversioni siano vicine allo zero.

Il tuo marketing deve essere progettato secondo una copy strategy ben studiata.

+1) Scontent Creator

Affidare i tuoi materiali a dei Copy cheap o improvvisati potrebbe danneggiare la tua immagine e compromettere l’efficacia del tuo messaggio.

Il rischio è sempre pensare di promuovere i propri prodotti, facendo i simpatici, o facendo quelli giovanili quando in realtà non fai altro che penalizzare il tuo brand (e non vendi).

Dando in mano il tuo copy al “ragazzino shtudiatoh” che in quattro righe è capace di fare più danni della bomba di Hiroshima, succedono obrobri come questo.

Marketing in Italia

Jole Santelli, presidente di regione ha detto: «Si potevano usare tante parole per descrivere la meraviglia e la straordinarietà di una regione unica al mondo, ma la compagnia inglese ha scelto le più becere e le più consunte, realizzando una pubblicità ingannevole che non è altro che una sommatoria di inqualificabili pregiudizi.»

L’ha presa bene, dai…

L’idea di creare dei content, ridicolizzando il servizio stesso del cliente invece che fornire motivazioni all’acquisto è la ricetta perfetta per mandare in fumo budget, posizionamento e conversioni, tutto in un solo colpo.

Quando dico sempre di guidare le decisioni delle persone attraverso il copy, non intendo “farle schiantare contro un muro”.

Spero questo si sia capito, altrimenti ho sbagliato tutto.

Di cattivi esempi simili, fidati, ne trovo tutti i giorni anche e soprattutto nel piccolo delle PMI italiane, quindi non sono soltanto sviste che capitano ogni tanto.

Ciò che volevo dimostrarti con questi è che senza una strategia ben delineata, rischi soltanto di deragliare e buttare tutto quello che hai investito per promuoverti.

Prima dar via a una qualsiasi campagna marketing, devi PER FORZA aver consapevolezza dei tuoi obiettivi.

Individua precisamente il target al quale vuoi rivolgerti.

Localizza l’elemento posizionante da spingere con il tuo copy.

Se per studiare queste tue mosse, vuoi affidarti a dei professionisti che da anni si dedicano esclusivamente a produrre testi scritti in base ai meccanismi psicologici che regolano il processo decisionale dei tuoi clienti, ci trovi QUI.

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