Dovresti essere baciata e spesso, e da qualcuno che sa come farlo.
(Via col Vento)
Questa perla romantica era solo per dire che con un cliente e potenziale cliente, va fatto più o meno lo stesso.
… Certo, possibilmente senza molestie!
La sensazione che una persona ama provare quando interagisce con una persona o un’azienda è sentirsi importante, possibilmente unica.
Vuole sentirsi così perché È così: ogni persona è davvero unica e ogni cliente è davvero importante per un’azienda perché in assenza di questi, l’azienda muore.
Eppure spesso, da cliente, sono certa che ti interfacci con aziende che sembrano non essere consapevoli di questo dettaglio.
Prima di sprofondare nella banalità del “se non tratti il tuo cliente in modo eccellente, quel cliente lo perdi”, voglio alzare le mani e dire che non è vero.
C’è un’eccezione per cui anche se il cliente è scocciato, comunque non te lo giochi. Ma è solo una e difficilmente applicabile.
Te la racconto.
L’eccezione che conferma la regola
La vicenda che mi servirà da esempio vede me alla ricerca di vitamina C, che per abitudine ho in casa in quantità industriali.
Per inciso, vivo alle Canarie, terra stupenda dimenticata da Amazon.
Gli integratori più comuni, con una quantità di 0,00000002 mg per compressa neanche li guardo e ho scoperto che da queste parti, per comprare in farmacia un bel sacchetto da un chilo di vitamina pura serve una ricetta medica.
Non potendo fare un qualsiasi ordine online senza timore che una volta raggiunto il check out mi si dica “Ah, scusa. Canarie, Baleari, Ceuta e Melilla sono fuori dall’area di consegna” cerco direttamente su siti di aziende canarie. La spedizione tra le isole dell’arcipelago non ha infatti alcun problema.
Mi sento un po’ hacker e un po’ cammello alla ricerca di qualcuno che possa far recapitare a casa mia un sacco con un chilo di magica polverina bianca.
Penso di averla trovata.
L’unico ostacolo tra me e la mia bramata sostanza è il sospetto di essere sulla pagina sbagliata.
Tutti i prodotti sono fertilizzanti e robe varie per piantagioni. Ero finita su un sito di prodotti agricoli e mi sorge il dubbio che magari la loro versione di acido ascorbico vada bene per preparazioni del mondo agrario, ma che non lo possa mescolare con acqua e farmi una scorpacciata di vitamina.
Vedo il simbolo di una chat e pregusto l’imminente fine della mia ricerca.
Perfetto, glielo chiedo subito se si può ingerire e, se sì, compro.
Scrivo la mia unica domanda “l’acido ascorbico che vendete è per uso alimentare?”
Inizio a prendere la carta per inserire i dati per pagare.
Mi risponde un bot.
Beh dai, ci sono bot efficaci, non pensare subito male.
Prima cosa che scrive dopo essersi presentato:
“Mi dice nome e mail in caso si interrompe la comunicazione?”
La mia domanda ce l’hai già, il tempo di scrivere SI o NO è inferiore a scrivere questo messaggio e, decisamente, a prendere i miei dati (per un umano, almeno).
Ma poi, Perché mai per 15 secondi di conversazione dovrebbe saltare la linea e vivi nel panico che si interrompa la comunicazione? Mi scrivi da un bunker con connessione precaria situato in territori minati e sotto bombardamento?
In che funnel agricolo mi vuoi infilare? Che non ho neanche le piantine di basilico nel terrazzo?
Esco dalla pagina.
Continuo a cercare con nefasti insuccessi.
Torno sulla loro pagina con la coda tra le gambe.
In un qualunque altro contesto, di fronte a una richiesta immotivata e invadente, decisamente ingiustificata ai miei occhi, non avrei neanche considerato di comprare.
Faccio lo stesso un tentativo, restia a dare i miei contatti a un’azienda agricola per cui sono fuori palesemente fuori target (eventuale vitamina C a parte).
“Ho solo una domanda.”
Nulla.
La risposta è un campo da compilare con mail e poi nome e cognome.
Ora che hanno il mio contatto, qualcuno mi risponderà alla semplice domanda.
E aspetto trepidante…
Il bot non riesce, ma dopo tre giorni mi rispondono via mail con il link del pacco di acido ascorbico (sì, quello che io avevo già visto), ripeto la domanda e dopo altri due giorni mi rispondono che loro lo usano per il vino.
Compro.
Sono ormai una cliente affezionata perché sono gli unici che sono riusciti a darmi quello che cercavo. Nella stessa settimana due amici che hanno adocchiato la mia scorta hanno fatto lo stesso ordine.
The end.
Un modus operandi del genere, in un luogo con della concorrenza, avrebbe già distrutto questa azienda.
La conclusione che ho tratto è che non è vero che se hai un pessimo servizio di assistenza, un bot rimbambito e tempi di risposta epici tu perderai clienti a prescindere.
Se sei l’unico in grado di soddisfare un bisogno, il cliente digrigna un po’ i denti, sbatte un po’ i piedi, ma non ha altra scelta che comprare da te.
Un po’ come i pendolari delle tratte Trenitalia perennemente in ritardo…
Come ti giochi i clienti per colpa del copy improvvisato
Casi di isole sperdute e monopoli a parte, la situazione più comune è che la concorrenza ce l’hai sotto casa e sbuca via terra, via aerea, via mare e via fiume…
Quando è così non puoi certo concederti il lusso di far sentire il tuo potenziale cliente stuprato di richieste contatti immotivate, rispondere dopo 3 giorni (e senza effettivamente rispondere) e di dare una semplice risposta come “sì” o “no” dopo 5 giorni…
L’ideale è che tu riesca a essere l’unico e il migliore nel soddisfare un bisogno presente nel cliente e che riesca a comunicare la tua unicità: è così che anche in presenza di altri concorrenti diretti e indiretti, una persona ti percepirà come la migliore opzione.
Anche se sei accerchiato di competitor, questo risultato puoi ottenerlo facendo girare tutta la tua comunicazione attorno a come vuoi che il tuo cliente si senta quando si interfaccia con te.
Non tutti abbiamo gli stessi bisogni da soddisfare, e spesso il cliente stesso non è a conoscenza di quale possa essere il suo.
Ho infatti un esempio simile al precedente, ma questa volta vede protagonista un settore in cui la concorrenza pullula come funghi nell’altopiano della Sila.
Stavo chiedendo dei preventivi per l’uso di piattaforme di fatturazione. Una delle aziende che ho contattato mi dà le info per telefono e mi chiede la mail per mandarmi il riepilogo.
Data (anticipando che però avevo altre esigenze).
Il riepilogo non era affatto un riepilogo, era la prima mail di un funnel che mi dava il benvenuto. Nulla di grave, io intanto procedo con le richieste di info e preventivi da altre aziende.
Un bel mattino leggo quest’anteprima:
Da: Nome di una persona – Nome di un’azienda
Prima riga: Ciao come va? A parte che sono stufo di scriverti…
La prima cosa che ho pensato era che fosse qualcuno che conosco a cui ho chiesto qualcosa e a cui maleducatamente poi non ho fatto sapere nulla.
Apro la mail già pronta a scusarmi.
Ti lascio immaginare di quanti centimetri mi è caduta la mandibola quando ho visto che era un’altra mail di una mailing list che il loro copy ha pensato bene di iniziare con un:
“A parte che sono stufo di scriverti”
La mail continua con una leva su un mese di utilizzo gratuito della piattaforma, per cui dicevano “non capiamo cosa hai da perdere e cosa ti spinge a non cagarci”.
Soprattutto dopo la frase d’apertura, in cui fai il prezioso, il tirarmi appresso un mese gratis non ha sortito nessun effetto.
Tipo una persona che ti corteggia, non gli rispondi per un po’ e a un certo punto ti dice:
“Senti, sono stufo di scriverti a vuoto.”
La continuazione sensata a una frase simile, per me è:
“… quindi non ti scriverò più, se resusciti hai il mio numero.”
O qualcosa di simile.
Invece la continuazione equivalente di questa azienda è stata:
“Non capisco cosa hai da perdere a uscire a cena con me, e che cavolo, offro io!”
Non è che se la cena è aggratis, vado a mangiare con chiunque si offra di pagare il conto.
È vero. Gratis è una parola magica.
Ma non è che se metti qualcosa coperto da garanzia, puoi ritenere che allora il gioco è fatto e tutti corrono da te a gambe levate.
È un po’ più delicata di così la faccenda, ne ho parlato approfonditamente in questo articolo.
Comunque non c’è da preoccuparsi, io ho un cuore grande.
Considerando che sei così stufo di scrivermi, ti faccio subito il favore di alleviarti da questa pena e mi cancello dalla tua mailing list, depennando il tuo nome dalla lista di aziende che avevo appuntato.
A differenza del mio prezioso pusher di acido ascorbico, di queste piattaforme ce ne sono infatti ventordici mila. Non ho avuto quindi alcuna remore a scegliere qualcun altro, nonostante loro fossero i più professionali e organizzati di tutta Spagna (ipse dixit).
Quello che sto cercando di dire è che se ti hanno detto che il copy ti aiuta a vendere, che se crei il funnel perfetto alla fine del percorso il cliente è al punto di consapevolezza giusto, se metti le leve che funzionano, il gioco è fatto… sappi che non basta.
Ecco attorno a cosa deve ruotare il copy per conquistare i tuoi clienti
Il copy va pensato mettendo il tuo cliente al centro, dando priorità a come si sentirà durante ogni contatto con te, pensando a come dargli davvero ciò di cui ha bisogno.
Se accozzi due leve, crei un funnel e arrabatti un copy che sei convinto venda perché usa i principi persuasivi più efficaci… È meglio che stai fermo.
Fai meno danni rispetto a scrivere testi che rischiano di avere l’effetto di un insulto o che allungano le tempistiche di acquisto di giorni con qualcuno che è già col portafogli aperto.
Scrivere qualcosa con l’obiettivo di vendere, senza mettere al centro chi è dall’altro lato dello schermo, senza impegnarsi di capire le basi della psicologia umana e dare gli strumenti necessari per soddisfare un bisogno…
… è come chiedere a qualcuno di sposarti senza avergli neanche chiesto il primo appuntamento, averlo ottenuto e averlo fatto andare bene.
Succede a chi si impelaga nel copy ignorando quale può essere il vero bisogno per cui quella persona sta cercando informazioni o preventivi in primis.
E il problema non sta di certo in tutta l’azienda, ma in chi tiene le redini della comunicazione con i clienti.
Sono infatti convinta che all’interno di un’azienda, tra i vari professionisti che ne fanno parte, ce ne sono vari con ottime capacità di interfacciarsi con un cliente.
Ma il tuo marketing è il tuo biglietto da visita, e se te lo giochi male… nessuno entrerà dentro la tua azienda solo per darti una seconda opportunità e sbirciare se per caso c’è qualcuno che gli sta più simpatico rispetto al tizio che gli mandava le mail.
- Ci sono persone a cui comunicare in modo empatico, efficace e che trasmetta affidabilità viene naturale. Hanno prodotti e servizi validi e non hanno difficoltà a farlo trasparire.
- Ci sono altri che hanno prodotti e servizi validi, ma purtroppo lo sanno solo loro e due amici stretti perché hanno difficoltà a comunicarlo all’esterno.
- Ci sono anche aziende con prodotti e servizi validi che, per via di una pessima comunicazione, trasmettono esattamente il contrario e fanno sparire la voglia di un cliente di dargli un’opportunità con la stessa velocità di un elfo domestico che schiocca le dita.
Nessuno è in realtà interessato a un prodotto, ma alla soddisfazione di un suo bisogno.
Se tu e chi scrive per te non date priorità a intercettare questo santo bisogno e capire come il tuo prodotto o servizio lo risolve, trovare un punto di contatto vero con il tuo cliente sarà molto difficile.
Il vero motivo per cui vai al ristorante
Se hai un ristorante, il bisogno profondo che chi viene da te sta cercando di soddisfare può variare notevolmente.
Potrebbe essere quello di sentirsi parte di circolo di un certo tipo, per esempio se il tuo ristorante è esclusivo e frequentato solo da un certo tipo di persone, magari altospendenti. È più facile che il bisogno profondo di un tuo cliente sia quello di sentirsi rispettato, autorealizzato.
Se il tuo ristorante è solito ospitare gruppi di amici che cercano scuse per mangiare tutti insieme: compleanno, onomastico, anniversario del gatto, nuovo criceto in famiglia ecc. è più facile che tra i bisogni profondi dei tuoi clienti ci sia il senso di appartenenza, di creare e mantenere legami.
E così via. I ristoranti sono in genere i posti in cui si vivono esperienze o momenti, o si condividono con qualcuno.
È difficile che il bisogno più profondo del cliente di un locale sia meramente quello di sfamarsi. È caso mai il bisogno di una persona che vive in un paese con estreme scarsità di risorse e difficoltà a reperire alimenti, ma tu di certo non stai parlando a lui!
Non impegnarsi a intercettare il bisogno che il tuo cliente vuole soddisfare è proprio come dire al tuo potenziale cliente:
“Vieni a mangiare da me, finalmente smetterai di sentire i leoni che ruggiscono nella pancia e i crampi del tuo stomaco continuamente vuoto!”
Ti prenderebbe per pazzo.
Soddisfare sul serio il bisogno umano di non soffrire la fame fa parte (almeno in teoria) di un insieme di politiche sociali e umanitarie, non dell’abituale piano marketing di un ristoratore.
Mentre sull’esempio che ti ho appena dato l’errore di lettura del bisogno è palese, nella maggior parte dei casi la differenza è molto difficile da percepire. Di conseguenza, a sbagliare il copy si impiega un attimo.
L’unico antidoto è conoscere il bisogno profondo che il tuo cliente vuole soddisfare
È per questo che costruire un copy pensando di conoscere il tuo target e ignorando i suoi reali bisogni profondi, ti fa pensare di aver fatto un ottimo lavoro e investimento, ma i risultati sono invisibili come lo schermo del telefono in spiaggia in una splendida giornata di sole.
Il motivo è uno: il tuo cliente non si sente toccato.
E l’unico modo per centrare un bisogno profondo, se non hai una sfera di cristallo, è studiare, scrivere, testare e ricominciare finché i feedback che ottieni ti indicano come raddrizzare il tiro.
Se speravi in una pillola pronto all’uso, mi dispiace averti deluso.
Ho però una buona notizia:
Propagando si dedica esclusivamente a creare materiali di marketing studiati per entrare nel dialogo mentale dei tuoi potenziali clienti, in modo da parlare la loro lingua e guidarli nel comprendere perché la tua soluzione è davvero la migliore per loro.
Il tuo materiale copy, per quanto qualcuno provi a semplificare sostenendo che sia in grado di creare un bisogno da zero, in realtà non può essere in grado di impiantare un bisogno su un terreno arido.
Innestare qualcosa di totalmente estraneo è un processo molto più complesso e articolato di così.
Il tuo materiale copy, per funzionare, deve essere creato sulla comprensione di un bisogno profondo presente nel tuo cliente, su cui costruire il percorso di stimolazione dei BIAS più adatto a lui.
… Si chiama neurocopywriting, ed è quello che facciamo noi.
È molto più difficile di quanto sembri perché spesso, quel bisogno profondo, non lo conosce neanche il cliente stesso.
Se vuoi delegare a noi il compito di capirlo e goderti fin da subito gli effetti positivi del neurocopy per la tua azienda ti basta cliccare qui!