Il valore del ricordo nella Saga di Paperone… e nel tuo copy

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“Noi, nella misura in cui possiamo dire “io”, siamo la nostra memoria. La memoria è l’anima. Se uno perde totalmente la memoria diventa un vegetale e non ha più l’anima. Anche dal punto di vista di un credente, non credo che l’Inferno abbia un senso se ci si va senza memoria: il patimento è dovuto al fatto di ricordare continuamente il male che si ha fatto.”

Umberto Eco

Aveva ragione Umberto Eco.

Senza memoria, non c’è anima.

Noi siamo le nostre esperienze passate, ma siamo soprattutto i ricordi di tali esperienze. Siamo la nostra memoria.

E, a proposito di memoria, tempo fa mi sono imbattuto in un pezzo di Mattia Del Core scritto su Ventenni Paperoni, in cui ha proposto un parallelismo tra le parole di Umberto Eco che hai appena letto e il valore del ricordo nella monumentale Saga di Paperon de’ Paperoni, la serie a fumetti che racconta le avventure del papero più ricco e famoso del mondo.

Vista la sua preparazione in materia, ti ripropongo una parte della sua analisi che non avrei potuto fare meglio. 

Segui bene il discorso perché il valore del ricordo trasmesso da Don Rosa in Paperon de’ Paperoni è lo stesso che puoi usare per impregnare il tuo copy di nostalgia e accompagnare i tuoi lettori a rivivere un’emozione di cui sentono la mancanza.

Il narratore americano struttura tutto il discorso come una lunga analessi: la prima tavola del fumetto ci mostra infatti Paperone già anziano e ricco, mentre una copiosa sequenza di didascalie si pone (e ci pone) domande su come abbia fatto a raggiungere quel traguardo.

Con la tavola dopo siamo già in Scozia, nel 1877, quando il piccolo Paperone ha solo dieci anni. 

Una di quelle didascalie, però, ci racconta già qualcosa di importante: “Di ogni moneta conosce la storia! E, tutte insieme, queste monete raccontano la storia della sua vita…”, mentre il magnate osserva il suo denaro con particolare trasporto.

Nella saga, Paperone non sarebbe quindi avaro in senso stretto, ma nella misura in cui quel “freddo, insignificante metallo” – come lo definirà il nipote Paperino nell’ultima tavola – rappresenta tutta la sua vita. 

Ogni moneta è un ricordo e, se noi siamo i nostri ricordi, Paperone è le sue monete. 

Comprensibile che non voglia separarsene tanto facilmente.

[…]

Il Paperone di Don Rosa è estremamente nostalgico, nel senso più puro del termine.

Dalla definizione di nostalgia: “stato di deperimento e di languore causato dal rimpianto ossessivo del paese natale, del luogo in cui si è a lungo vissuti, di una cosa che si desidera di nuovo o di ciò che non si è conosciuto“. 

Non ci potrebbero essere parole più adatte per quel Paperone, che singhiozza rigirandosi tra le mani un consunto album di fotografie, una pepita, un reperto o la bionda ciocca di capelli dell’unica donna per cui abbia mai provato qualcosa.

Nulla lo riporta indietro nel tempo come la visione di quegli oggetti che, per qualsiasi altro, non sarebbero altro che inutile ciarpame.

Per Paperone, no. Quella è la sua vita.

Quel ciarpame gli parla di quando era giovane e forte, avventuroso ed entusiasta, ambizioso e propositivo. È una vera e propria collezione di tracce che squarciano il tempo e rimandano a un passato altro dal presente oggettivo che incarnano.

Gli oggetti si caricano di significato, rinviando a passaggi già avvenuti e carichi di valore emotivo. 

Si attua una sorta di investimento timico, una reazione automatica e inevitabile che al tempo stesso corrobora e corrode l’animo pieno di rimpianti del vecchio magnate.

Si potrebbe ben dire che la Numero Uno, la prima moneta guadagnata da Paperone, sia affine alla Madeleine di Marcel Proust, termine che oggi si riferisce a qualsiasi oggetto, gesto, colore o sapore capace di evocare in noi ricordi del passato.

La Madeleine, assaporata dopo anni, era infatti in grado di trasportare l’autore della Recherche ai tempi della sua infanzia, esattamente come la Numero Uno riesce a far sprofondare PdP nelle pieghe di quel 1877 in cui tutto iniziò.

Il Paperone di Carl Barks e Don Rosa non si limita ad assaggiare il suo passato: lo colleziona, ci si tuffa, ci scava le gallerie. 

Sintomatico in tal senso come il fantastiliardario viva nel Deposito, letteralmente immerso nel suo denaro. Pardon, nei suoi ricordi.

Fonte: ventennipaperoni.com

E così deve essere in grado di fare il tuo copy, qualora il tuo posizionamento richiedesse la costruzione di un’emozione nostalgica: essere in grado di scavare gallerie attraverso i ricordi del tuo cliente, per arrivare al cuore del suo sistema decisionale emotivo.

Ecco come!

Nostalgia: come usarla (e non) nel tuo marketing

Ora, venendo al copy, il passaggio alla pratica è sempre più complesso che fare due chiacchierare su ciò che funziona e cosa no.

Per non lasciarti a digiuno di esempi, ecco alcuni casi in cui questa leva motiva è stata usata nel copy.

Esempio 1: Spizzico che diventa lasagna

Ti ricordi Spizzico? Quei geni che vendevano tranci di pizza al costo di pizze intere?

Quando ero piccolo era tappa obbligatoria ogni volta che uscivo con mamma.

Poi ad un certo punto è sparito.

Forse perché la gente si era accorta che aveva poco senso spendere 5€ per una fetta di diavola riscaldata se allo stesso prezzo poteva prendersi una pizza intera da asporto o con 3€ poteva farsi un kebab con molta scibola poco picanto… non so.

Fatto sta che qualche anno fa pareva essere ricomparso sulla scena, ma nonostante lo sciapo richiamo nostalgico, c’è qualcosa che non ha funzionato e ha creato qualche perplessità nel lettore.

Almeno, in me lo aveva creato…

Spizzico, ai miei tempi, era una fettona di pizza, un quarto bello grosso, per l’esattezza. 

Oleosa e grassissima. E non il classico trancio quadrato da asporto o da pizza del kebabbaro. Magari anche la parola stessa spizzico faceva riferimento al concetto di “spicchio”, che per definizione è un angolo.

Quindi, se proprio vuoi usare la leva della nostalgia ed evocare le giuste sensazioni, è indispensabile che presenti al tuo cliente ciò che sai che gli manca, non una sua rivisitazione che non c’entra niente né col suo ricordo, né con il tuo posizionamento.

Esempio 2: Kensho che porta il ristorante a casa tua 

Quando in Italia era partita la semi-quasi-parziale-insomma circa-lockdown BIS, il morale non era propriamente alle stelle.

Nel primo lockdown il motto era “ce la faremo“, ma presto è stato anagrammato in “nel ciapèt lo prenderemo“.

Chi era disposto a fare dei sacrifici la prima volta per una situazione straordinaria, non lo era più.

Quella nuova chiusura era vista come una privazione. Un ingabbiamento. Una limitazione coatta delle libertà.

Avevamo nostalgia dei tempi in cui l’unica costante era l’Inter che rimediava figure barbine in Champions.

E così, nella sfida Copy Vs. Conte, Propagando aveva voluto dare il suo “neurocontributo”.

Giuseppe aveva chiuso i ristoranti e aveva impedito di organizzare quella cena speciale per festeggiare un momento particolare, un compleanno, un anniversario o semplicemente per vivere una serata “normale” con le persone a cui volete bene?

Perfetto. 

1 a 0 per lui.

Ma la palla torna al centro e, se i clienti non possono andare al ristorante, assieme a Max Chiesa di Kensho,  avevamo creato un modo per far arrivare il ristorante a casa tua, puntando proprio sul senso di nostalgia.

La voglia di una cena in cui poter chiudere fuori il resto del mondo era tanta. 

Non abbiamo fatto altro che soffiare su quel fuoco e alimentare quel desiderio e quella mancanza.

Esempio 3: Don Peppinu e i veri sapori di una volta

Mi permetterò di dire che i tentativi delle nostre regioni di creare spot per invogliare il turismo, cercando di solleticare e risvegliare una parvenza di emozione, ci hanno deliziato con spettacoli di ogni sorta.

Un esempio che vince su tutti è quello della Liguria che richiama la nostalgia per la sua terra usando come testimonial un’attrice sarda, che vive tra Milano e Los Angeles e che registra lo spot con uno skyline alle spalle (di certo non di Genova). 

Cachet della Canalis: 100 mila euro.

Costo complessivo della campagna promozionale: 204 mila euro.

Ora, nonostante sia orgoglioso del risultato, il punto non è tanto tessermi le lodi da solo, ma sottolineare che quando scegli di usare il valore del ricordo per vendere qualcosa, è fondamentale che tu quel ricordo riesca a valorizzarlo per davvero.

Con Don Peppinu abbiamo scelto di raccontare così il suo gelato:

Quello che davvero voglio dire è che entrambi cercano di fare appello ad un sentimento di nostalgia, leva emotiva solitamente potentissima… ma l’effetto finale è un tantinello diverso, in particolar modo nella scelta delle parole e nella voce narrante.

È molto importante che il tuo copy sappia risvegliare delle emozioni, oltre che a dare i motivi razionali per cui il tuo cliente si convincerà che fa bene a comprare.

Infatti, esistono tantissimi testi che emozionano ma non vendono, o che forniscono informazioni tecniche che dovrebbero invogliare a comprare, ma non stimolano il desiderio. 

Si tratta di un equilibrio difficile da trovare per chi non conosce il neurocopywriting.

Ma noi siamo qui apposta per aiutarti!

La nostalgia di cui ti ho parlato in questo articolo è solo una delle potenti emozioni che puoi usare per trasformare i tuoi lettori in clienti.

Insieme possiamo ricorrere a un ventaglio decisamente più ampio e metterlo a servizio della tua copy strategy.

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