Alcuni film hanno contribuito a rendere per molti l’immagine del pagliaccio qualcosa di inquietante.
Soprattutto IT.
Eppure non è sempre stato così.
Pensa che negli anni ‘50, un signore in cerca di lavoro si era proposto all’Aquarena Springs di San Marcos, in Texas, per uno spettacolo.
Assunto, inizia a dare spettacoli travestito da pagliaccio. Il suo nome d’arte era Glurpo.
L’upgrade dei suoi show era la performance all’interno di una vasca piena d’acqua in cui fumava (per finta) una sigaretta.
I suoi numeri erano apprezzatissimi da adulti e bambini, in particolare quello della fumata subacquea che risultava molto verosimile grazie all’uso di latte in polvere che creava un effetto nebbia sott’acqua.
Lo vuoi un palloncino colorato?
La storia di Glurpo l’ho tirata fuori solo perché sono certa che oggi, a molti, uno show simile non solo non farebbe ridere, ma trasmetterebbe una sensazione sinistra.
Il pubblico di oggi non è adatto ai clown come lo era più di mezzo secolo fa.
E lo stesso vale per i prodotti e i servizi di alcune aziende.
In alcuni contesti storici o sociali un prodotto raggiunge un grande successo e in altri ancora fallisce miseramente
Questo è il motivo per cui interpretare bene il mercato in cui operi e impegnarti a conoscere il tuo cliente sono due attività di estrema importanza per la tua azienda.
Saltare a piè pari la fase di indagine, studio e analisi del tuo cliente ti esporrebbe al rischio di proporre un prodotto o servizio eccellente, ma alle persone sbagliate o al momento sbagliato.
Insomma, un po’ come proporre un Glurpo agli adulti del 21esimo secolo.
Ti propongo un altro esempio.
Quando vivevo alle Seychelles, ricordo di essere entrata in un ristorante che faceva parte di una catena internazionale.
Non ricordo il nome, quello che però avevo notato è che alcuni degli ingredienti non li conoscevo proprio.
Se questi piatti sono anche in Italia, come è possibile che non sappia che roba sia quella nella lista degli ingredienti?
Ho chiesto a chi mi accompagnava e mi hanno fatto presente che era qualche intruglio che i seychellesi apprezzavano particolarmente, motivo per cui la variante era stata inserita nel menù.
Avevo dato per scontato che i menù fossero uguali in tutto il mondo visto che fanno parte della stessa catena.
Una mia amica di Goa (India), vedendo il mio stupore, aggiunge che da lei il McDonald’s ha un panino con l’Aloo tikki, una sorta di crocchetta di patate e piselli con varie spezie dentro.
Il chicken McGrill ha un’aggiunta di salsa alla menta, che dovrebbe richiamare i sapori della Dhania Chutney, una crema di coriandolo, menta e spezie varie.
Hanno anche il paneer inserito qua e là, un formaggio tipico asiatico.
Insomma, se uno statunitense entrasse in un McDonald’s indiano potrebbe avere uno scompenso.
In effetti, in Italia compare l’Asiago, lo snack Parmigiano Reggiano e i panzerotti pomodoro e mozzarella.
Conoscere il pubblico a cui vuoi proporre il tuo prodotto è una parte della strategia che non puoi saltare
Anzi. Non è semplicemente un dettaglio che, se lo curi, migliora le performance.
Se ti distrai un attimo e porti avanti scelte che rendono palese quanto il tuo target te lo sei dimenticato, son dolori.
È ciò che è successo sempre a McDonald’s qualche anno fa.
Premessa: più dell’80% dell’India è di religione Indù, circa il 14% è di religione musulmana.
L’azienda aveva pensato di specificare su Twitter che tutti i suoi ristoranti sono certificati HALAL, ovvero precisi standard musulmani che si riferiscono anche alle procedure di macellazione degli animali secondo rituali religiosi.
L’hashtag #BoycottMcDonalds è stata l’immediata reazione da parte degli indiani.
La ragione di tanta indignazione era legata al fatto che il rispetto delle regole religiose HALAL implica un incremento della sofferenza dell’animale: viene immobilizzato secondo le tecniche da seguire e viene ucciso senza essere preventivamente stordito.
Gli indù si chiedevano sia perché in un paese a stragrande maggioranza indù si seguisse una pratica per ingraziarsi i musulmani sia perché McDonald’s preferisse i metodi HALAL rispetto al metodo jhatka (decapitazione dell’animale in un colpo secco).
Non si tratta infatti di far contenti tutti, ma di conoscere almeno il modo di pensare del tuo target (se vuoi fare business con lui e grazie a lui).
Se l’80% del tuo pubblico da domani ti voltasse le spalle, rattoppare il disastro sarebbe un’impresa epica.
McDonald’s ha ovviamente le risorse economiche per mettere tutte le pezze che deve e un brand talmente forte che se anche qualcuno decidesse di boicottarlo davvero per sempre, il numero di persone che se ne infischierebbe della causa sarà sempre maggiore.
Se però non hai gli stessi flussi di cassa e un brand solido quanto le più grandi multinazionali, meglio evitare simili scivoloni che possono costarti caro!
Il punto è che conoscere il tuo potenziale cliente non è affatto semplice.
E non mi riferisco a creare un vago identikit, del tipo:
“Il mio cliente ideale ha 29 anni. Indossa ciò trova su Vinted che più somiglia all’outfit del suo influencer preferito. Vive nella seconda casa di famiglia insieme ai suoi due migliori amici.
I momenti più felici della sua giornata sono quelli in cui esegue alla perfezione le coreografie di TikTok.
Ha appena iniziato a lavorare come ingegnere civile in un’azienda all’avanguardia per l’architettura eco bio sostenibile, ma si sente un pesce fuor d’acqua perché il suo vero sogno è cementificare tutto e non lasciare spazi verdi per gli insetti che odia.
Si consola vedendo film distopici che spera diventino realtà. La sua paura più grande è non trovare il nome della persona che gli piace tra gli account che hanno visualizzato la sua Instagram Stories.”
Conoscere il tuo buyer persona non vuol dire questo.
Il lavoro di analisi sul cliente presuppone un’indagine e una preconoscenza dei meccanismi decisionali molto più profonda e dettagliata.
Alcune informazioni, come identificare la sua più grande paura, non sono per niente scontate.
Il punto è che non puoi neanche chiederglielo direttamente. Non necessariamente lo sa.
Non è detto che sia introspettivo o che nella sua vita abbia fatto sessioni con uno psicologo!
E se anche questo fosse il caso, non è affatto probabile che voglia mostrare a te, uno sconosciuto, il suo fianco scoperto.
Il primo grande problema del creare materiali di marketing su paure “indovinate” è che il tuo copy risulterà superficiale e inefficace.
Non riuscirà a colpire in profondità il cuore del sistema decisionale del tuo cliente.
È però doverosa una confessione.
È vero.
Prevedere i meccanismi decisionali e i drive comportamentali del tuo cliente ti permette di diminuire sensibilmente il margine di incertezza legato al risultato di una campagna.
Ma non esistono copy stregoni e non abbiamo la sfera di cristallo.
Ottimistica ipotesi di procedura analisi cliente nel 2095
Per tirare le somme, l’errore più grande che puoi commettere quando progetti i tuoi materiali di marketing è studiare in modo superficiale il contesto in cui vive il tuo cliente.
Non solo il contesto esterno, come mercato, competitor, domanda, offerta ecc.
Ma anche il contesto interno, ovvero la sua psicologia.
Conoscere l’avatar del tuo cliente, i bias di cui è “vittima”, i suoi schemi decisionali è FONDAMENTALE perché funzioniamo tutti allo stesso modo quando dobbiamo prendere una decisione.
Che sia di acquisto oppure no.
Il punto è che sapere come reperire queste informazioni e come usarle nei tuoi materiali di marketing richiede tempo, conoscenza, strategia ed esperienza.
Ed è a questo che ti serve un neurocopy.
I materiali di marketing che creiamo in Propagando sono il risultato di analisi di quante più variabili e meccanismi decisionali possibili, che non entrino in contrasto tra di loro e possano influenzare l’acquisto del tuo cliente.