Lezione di marketing dal complotto lunare

Condividi questo articolo

La ricordo ancora quella mattina di tre anni fa mentre pulivo casa con il tizio della radio che blaterava in sottofondo.

Ascoltavo distratta le sue parole finché una frase cattura la mia attenzione e mi fermo con gli occhi sbarrati come se mi avessero colta di sorpresa giocando a Un due tre stella.

“E pensare che c’è ancora gente che crede che siamo stati sulla Luna.”

Giro a molla la testa verso la radio come se lo speaker si trovasse lì, pronta a chiedergli di ripetere ciò che aveva detto.

GIF by BBC Earth

Io ero tra quelle persone, e mi sono subito fatta una domanda.

Perché c’è gente che pensa sia ovvio che non siamo stati sulla Luna?

Voglio dire, tra le 5 date più importanti che impariamo a scuola c’è il 20 luglio 1969.

Me l’ha detto la maestra.

È scritto sui libri.

Ci sono foto e video.

Eppure quello speaker non mi sembrava uno scappato di casa che vive nascosto in un bunker senza telefoni per difendersi dai complotti dei cattivi del pianeta.

Iniziò così la mia settimana di indagine.

Mi sentivo come chi è sul punto di scoprire che tutta la sua vita è una menzogna.

Un po’ come quando cresci e capisci che la sigla di Dawson’s creek non dice ARUONUWEI.

O che i coltelli della pizza che non tagliano funzionano meglio se li giri al contrario e usi la punta.

Tanto per mettere i puntini sulle i, non mi importa nulla di promuovere una teoria o un’altra (ebbene sì, esistono più teorie sull’allunaggio). Voglio invece descriverti i meccanismi che si sono messi in gioco nel mio cervello mentre valutavo cosa credere.

Questi meccanismi sono infatti gli stessi che entrano in ballo quando un tuo cliente ascolta le tue parole, segue i tuoi ragionamenti, valuta le tue promesse prima di decidere se fidarsi o no.

Comprare o non comprare: è questo il dilemma

Nel tentativo di mettere insieme dei dati mi sono imbattuta nelle più ardite teorie complottiste e nei monologhi dei mythbuster o debunkers. Paroloni inglesi che indicano chi di mestiere va a caccia di bufale per distruggerle.

La maggior parte di loro aveva commesso gli stessi errori di moltissimi imprenditori che pensano fieri di aver fornito una prova inconfutabile a loro favore, perfetta per chiudere per sempre la questione con un lieto fine (l’acquisto)… mentre in realtà non fanno altro che creare più dubbi di quanti ce n’erano.

È proprio ciò che succede quando scioriniamo decisi i vantaggi del nostro prodotto o servizio per convincere un cliente che comprare è la scelta migliore, senza tenere conto che cambiare un’opinione (o formarne una da zero) è un processo estremamente complesso.

Provare a far cambiare idea a qualcuno non è mica uno scherzo

Che si tratti di te, di un tuo cliente o potenziale cliente.

Più accumuliamo informazioni, più i nostri ricordi si imprimono, più le nostre convinzioni si radicano e più cambiare un’opinione consolidata diventa difficile.

Questo ci porta a difendere le nostre convinzioni, anche quando ci sono prove da ricerche e voci credibili e autorevoli che ci dimostrano che sarebbe il caso di valutare un ripensamento.

È per questo che se vuoi addentrarti in ogni ardua impresa di convincimento, è bene che tu lo faccia consapevole del rischio di ottenere l’effetto opposto. 

Quello che potrebbe innescarsi è il backfire effect, che tradotto alla lettera è l’effetto rinculo.

Mi spiego meglio servendomi dei dibattiti sulle missioni Apollo.

3…

2…

1…

Space Cowboy GIF

Backfire effect: l’effetto rinculo che non ti aspetti dal tuo marketing

Il backfire effect è quello che colpisce molti mythbusters che, presi a fornire spiegazioni che silenzino una volta per tutte i diffusori di frottole e complotti, si trovano a far cambiare idea anche a chi inizialmente era d’accordo con loro o non era schierato da nessuna parte, perché magari delle bufale sotto mirino non ne sapeva niente.

Questo era per esempio il mio caso quando ho sentito per la prima volta la teoria del complotto lunare.

Un esempio che mi viene in mente è quello dei mythbusters su Discovery Channel.

Hanno preparato una serie di dimostrazioni per smontare una per una le motivazioni di chi sostiene che la trasmissione in diretta dell’allunaggio non sia stata altro che una ripresa cinematografica.

Tra le innumerevoli questioni che mettono in dubbio il reale corso della missione Apollo 11, molte riguardano le foto dei primi astronauti sul suolo lunare.

Per esempio, se ti capita di fare foto in controluce, avrai notato che esce fuori solo una sagoma.

Cioè, se hai il sole dietro alla persona che stai fotografando, questa persona esce più scura rispetto al resto dello sfondo.

Succede perché lo sfondo è illuminato direttamente dal sole, mentre la persona solo dalla luce riflessa dal suolo (che è di meno).

Tipo qui: sabbia e acqua si vedono, mentre le persone sono due ombre nere.

Questo problema si risolve, tra i vari modi, con l’uso di riflettenti, quei bei pannelli che riflettono la luce dietro al soggetto e gliela fa rimbalzare addosso illuminandolo.

Gli astronauti davanti alla navicella spaziale in controluce, nelle foto si vedono molto bene, come se appunto fossero stati usati dei pannelli riflettenti.

Foto incriminata della Nasa (non ritoccata, si suppone) di Buzz Aldrin che scende dalla scala del modulo lunare posizionato in controluce.
NASA Photo ID: AS11-40-5868
Foto incriminata della Nasa (non ritoccata, si suppone) di Buzz Aldrin che scende dalla scala del modulo lunare posizionato in controluce.

Gli smontatori di frottole, per dimostrare che quella dei soggetti controluce visibili non è una prova valida per mettere in dubbio l’autenticità della location delle foto, riproducono la scena dell’allunaggio in miniatura per dimostrare che la luminosità del soggetto contro luce può essere pari alla luminosità dello sfondo. 

Peccato che davanti alla miniatura dell’astronauta posizionano un tizio con camicia bianca, colore che ha appunto la capacità di proiettare sul set la luce riflessa che ha di fronte.

Quella che doveva sembrare una dimostrazione che non lasciava spazio a repliche, in realtà crea ancora più dubbi: perché hanno lasciato il tizio con una maglia che influisce sulla quantità di luce riflessa, se l’effetto desiderato si poteva ottenere anche senza?

O non si poteva ottenere anche senza?

Lo stesso vale per la traiettoria delle ombre.

I diffidenti della versione ufficiale della storia fanno notare che la luce del sole, per via dell’enorme distanza dalla Terra (e anche dalla Luna), se si trova al lato dei soggetti fotografati, crea ombre dalle traiettorie parallele.

Un faro invece, meno potente del sole e decisamente più vicino ai soggetti nel set, crea traiettorie diverse, divergenti, come appunto quelle delle foto dell’allunaggio.

Esempio ombre divergenti

I mythbusters allestiscono un set per dimostrare che quelle traiettorie di ombre divergenti si possono creare eccome anche con la luce del sole. 

Peccato che l’esperimento lo conducono non con la luce proveniente dal sole, bensì con una luce artificiale, sollevando più dubbi di quanti ne risolvono.

Un pull di fotografi di fama mondiale, tra cui Peter Lindbergh e Oliviero Toscani, tirati in ballo nel documentario di Mazzucco American Moon per un parere tecnico sulle foto, a un certo punto sembrano in lieve imbarazzo. 

Alcuni sembra che non avessero mai sentito della teoria dell’allunaggio avvenuto su un set e, basandosi esclusivamente sulle foto, si trovano a iniziare a considerare se uno dei più epici momenti della storia dell’uomo sia stata una messa in scena.

Uno di loro deve addirittura specificare che ovviamente non può pronunciarsi se sulla Luna ci si è stati o no, ma che per quanto riguarda le foto, non ci sono dubbi che siano false.

Questo è un magnifico esempio di effetto rinculo

Prepari la filippica contro qualcuno e invece di tirare acqua al tuo mulino, la regali a quello a cui volevi toglierla.

Qualcuno che magari un’opinione in merito non si era mai preoccupato di farsela, ed era quindi in una sorta di “zona neutrale”, ascoltando quello che dici si colloca in uno schieramento diverso da quello che volevi.

Vuoi allontanare qualcuno da un modo di pensare e invece lo aiuti a piantare le radici per rimanerci dentro ben affossato.

È proprio quello che succede quando prepari messaggi di marketing senza tenere conto della complessità del sistema decisionale del tuo cliente. 

Perché è così difficile far cambiare idea al tuo cliente?

Quando parli al tuo cliente, stai cercando di creare nuovi solchi di ragionamento e di memoria nel suo cervello. 

Un approccio per farti strada è certamente quello di citare fatti e cifre, ma se chi legge è in forte disaccordo, rischi di spingerlo più a fondo nel suo sistema di credenze e il tuo messaggio di vendita ti si può ritorcere contro.

Oggi, un facile accesso a Internet aggiunge ancora più carburante a questo effetto boomerang: le persone cercano selettivamente informazioni che supportano le loro convinzioni, anche se sono sbagliate.

È il nostro bias di conferma all’opera.

Una convinzione imprecisa può però essere rafforzata da altre affermazioni imprecise.

Cosa puoi fare per essere (quasi) totalmente al riparo dal backfire effect?

Per evitare che questo boomerang, se proprio non colpisce l’obiettivo desiderato, non ti torni dritto in faccia, puoi mettere in pratica 4 azioni.

1 – Sii sicuro della tua promessa

Ancor prima di pensare a come convincere il tuo pubblico, assicurati che il tuo servizio o prodotto funzioni davvero come tu stesso credi.

Altrimenti rischi di essere colpito da un doloroso effetto boomerang come quello arrivato dritto sui denti al CEO di LifeLock, un’azienda che si occupa della protezione da furti d’identità.

Era così certo della qualità del software di protezione della sua azienda che aveva inserito il proprio numero di previdenza sociale sia sul sito che sui cartelloni pubblicitari. 

Finale della storia? La sua identità è stata rubata tredici volte, con tanto di attivazione di prestiti a sua insaputa.

Pubblicità LifeLock

2 – Conosci il tuo pubblico

Quanto più approfondite sono le ricerche sul tuo target, più sarai in grado di evitare di cospargere il tuo copy di mine vaganti che possono far saltare in aria le tue trattative.

3 – Usa brevi spiegazioni

Il tuo potenziale cliente è più propenso a seguire il tuo filo logico se dai delle spiegazioni che non richiedono il livello di attenzione che si riserva a una lezione di ingegneria aeronautica, tanto per rimanere in tema…

4 – Avvicinati a partire dal terreno comune

È più semplice far capire al tuo cliente che sei meritevole della sua fiducia se condividete dei punti di vista che fanno parte dello stesso sistema di credenze. 

Una volta dimostrato che sei credibile e autorevole, puoi introdurre altri punti di vista diversi o controversi riducendo l’eventuale backfire effect

Per esempio, del documentario che ho citato c’è una sezione dedicata solo ai false claims, cioè le motivazioni del complotto che però non dimostrano un bel niente.

Tipo “le foto sono false perché non si vedono le stelle”.

È una prova su cui non vale neanche la pena ragionare perché se non usi le impostazioni giuste nella macchina fotografica, le stelle non si vedranno mai, né dalla Terra, né dalla Luna, né da Venere.

Quella sezione, in un tentativo di convincimento, aiuta chi sta sostenendo una teoria a essere preso un po’ più sul serio perché accompagna lo spettatore per mano in un ragionamento, invece di vomitargli addosso dati e informazioni che dicono “è così e basta, se non capisci o non sei d’accordo è perché ti manca qualche neurone”.

E lo so che almeno una volta ti è capitato di pensare esattamente così quando un tuo potenziale cliente ha girato i tacchi senza comprare. 

Tranquillo, sappi che sei in ottima compagnia!

Inoltre, in tutto ciò, qual è la mia opinione finale sull’allunaggio?

In realtà non importa, non in questa sede.

Quello che invece conta eccome è aver chiaro che ignorare i bias nei tuoi materiali di marketing lascia il tuo pubblico in balia a reazioni automatizzate. 

Conoscerli, ti permette di usarli a tuo vantaggio. 

Ed è per questo che in Propagando parliamo in continuazione dell’importanza di tenere in conto gli effetti che le scorciatoie del nostro cervello prendono per portarci a una decisione.

Assicurarti quindi di mettere in pratica questi 4 punti nella tua strategia di marketing è l’inizio per strutturare e creare un copy ideale per attrarre i clienti giusti per te, parlare la loro lingua, accompagnarli nel loro dialogo interiore.

Sfruttando i bias e i principi delle neuroscienze, il team di Propagando può creare i tuoi testi in modo molto meno banale e molto più posizionante del “scegli me perché così dico”.


Se vuoi iniziare subito a costruire i tuoi messaggi di marketing sui principi del neurocopywriting, ti basta cliccare qui e fissare la tua call gratuita.