Il copy è manipolazione?

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Tutto il copy ha a che vedere con la manipolazione in un modo o nell’altro.

Ogni pezzo che scrivi dovrebbe riuscire a guidare il tuo lettore verso un’azione specifica che ti sei prefissato.

Ma scrivere copy ti dà solo l’illusione di avere un controllo perché ogni lettore interpreterà le tue parole in un modo diverso.

Anche il miglior copy del mondo non è assolutamente in grado di controllare le azioni di un lettore.

Un copy ben scritto ti fornisce solo “l’illusione del controllo”.

Quello che un lettore farà dopo aver letto le tue parole dipenderà dalle emozioni, dalle sensazioni e dai ricordi che sarai riuscito a generare nella sua mente.

Questo include esperienze passate, preconcetti e, soprattutto, bias cognitivi.

I bias sono scorciatoie mentali che mettiamo in atto tutti, sempre e senza rendercene conto consapevolmente, ma che possono condurre a pensieri e decisioni del tutto irrazionali.

Per esempio, ormai dovresti sapere benissimo che la mente tende a voler avere sempre ragione e cerca di interpretare le informazioni in modo da confermare i tuoi preconcetti.

Quando ho letto per la prima volta “Pensieri Lenti e Veloci” ho pensato che la comprensione dei bias cognitivi potesse essere di fondamentale importanza non solo in campo finanziario, ma anche nel copy.

Daniel Kahneman, l’autore del libro, ha vinto il Nobel per l’Economia nel 2002 con il suo studio sui bias e sul come prevedere le reazioni “irrazionali” dei mercati.

Quindi mi sono detto “ehi, ma anche io ho bisogno di poter prevedere le reazioni dei miei lettori. Vuoi vedere che sto discorso dei bias mi ritorna utile anche nel copy?”

Mi sono documentato e ho letto una marea infinita di noiosissimi saggi di psicologia comportamentale. Sul serio. Una marea. Roba da volersi prendere a pugni il cervello per la noia.

Poi ho fatto tutta una serie di ricerche sulla possibilità di manipolare i bias cognitivi per influenzare il processo decisionale.

Naturalmente ho trovato diverse fonti a sostengo, così ho confermato il mio preconcetto.

Questo meccanismo di autoconvinzione si chiama bias di conferma.

In questo caso, il mio bias di conferma non ha portato a una decisione sciocca o irrazionale.

L’evidenza scientifica su cui mi baso è abbastanza chiara e in continua espansione.

I bias cognitivi influenzano costantemente le decisioni e il comportamento delle persone.

Quindi, la premessa su cui si fonda tutto il mio “stile di copy” è basata su solide basi di prove imparziali.

Ma cosa sarebbe accaduto se il mio obiettivo fosse stato quello di cercare incongruenze sull’idea che la manipolazione dei bias cognitivi può influenzare il comportamento e le decisioni dei miei lettori?

Avrei avuto difficoltà a rinvenire qualche prova credibile a sostegno della mia ipotesi – ma, se mi fossi impegnato, avrei comunque trovato (quasi di sicuro) una o due informazioni a sostegno della tesi contraria a cui avrei dato un valore eccessivo a causa del mio bias di conferma.

Non elimineremo mai i bias cognitivi, in noi stessi o negli altri.

È inutile anche solo provarci.

Sono i drive che regolano le decisioni umane da quando ci vestivamo con perizomi di ermellino e vivevano in caverne affrescate.

In diecimila e passa anni di storia non sono mai cambiati. È cambiato il modo di stimolarli, certo, ma sono sempre gli stessi.

Tutto quello che puoi fare quindi è capirli, abbracciarli e sforzarti di manipolarli a tuo vantaggio, nel maggior rispetto dell’etica possibile.
Proprio perché il loro potere è così sconfinato, esiste una linea molto sottile tra la comprensione dei bias e il loro uso per il bene o il loro sfruttamento per fare del male.

Se non ti impegni per rimanere dal lato etico di quella linea, per favore smetti di leggere qualsiasi cosa io scriva d’ora in avanti, smetti di seguirmi sui social e cancella dalla tua memoria l’esistenza di questo sito.

Non fai assolutamente per noi.

E probabilmente nemmeno noi facciamo al caso tuo.

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