Ti presento Simone.
Deve comprare una TV, entra da Media World e dice al commesso:
«Buongiorno, mi serve un televisore, mi dici qual è il più economico? Grazie.»
Ti presento Alessia.
Anche lei deve comprare una TV, entra da Media World e dice al commesso:
«Buongiorno, mi serve un televisore, mi dici qual è il migliore in commercio? Grazie.»
Il commesso che assisterà Simone ha la vita abbastanza facile.
Il motivo è che identificare l’opzione più economica è semplice: è una questione di numeri e basta cercare il più basso tra gli scaffali.
Il commesso a cui è toccata Alessia deve invece iniziare una vera e propria consulenza se non vuole che la ragazza esca confusa dal negozio ed entri all’Euronics affianco a fare la stessa domanda.
Che cavolo intende lei per migliore?
Il più bello? Il più piatto? Il più “da fighi”? Il più leggero? Quello che con una longevità più alta? Tutte queste cose messe insieme?
Il concetto di “migliore” ha un ampio ventaglio di interpretazioni
… E tocca al commesso mettere da parte le sue e capire quelle di Alessia.
La notizia che mi preparavo a darti con la presentazione di questi due personaggi è che chiunque abbia un’azienda oggi, veste i panni del commesso che deve accompagnare Alessia nell’acquisto giusto.
Secondo i dati raccolti da Google, la ricerca dell’aggettivo “cheap” (economico) intorno al 2009 ha iniziato a essere eclissato da “best” (migliore).
Dal momento in cui Alessia inizia a fantasticare su un PC nuovo, passando per l’istante in cui decide di comprarne uno, per arrivare al giorno in cui si ritrova col PC in mano, il suo cervello non segue un processo lineare.
Non è una scaletta. Nè un diagramma. Nè tantomeno nessuna figura semplice e logica.
Se il processo decisionale di tutte le Alessia nel mondo avesse un’immagine chiara, sarebbe quella che prendono i cavi degli auricolari dopo averli dimenticati per due settimane in borsa.
Un deprimente groviglio senza logica (apparente)
Il team di Google, determinato a indagare su cosa succede nel messy middle, ha fatto squadra con The Behavioural Architects, un’azienda di consulenza specializzata nell’applicazione delle scienze comportamentali al marketing.
I ricercatori stessi, di fronte alla sfida ti tracciare la linea che percorre le tappe del processo decisionale del cliente, hanno dovuto ricorrere ai più avanzati software di ingegneria per sviluppare una riproduzione fedele da inserire nel saggio scientifico.
Ecco l’immagine più esplicativa che ha vinto la selezione:
Messy middle, olio di penna su post-it, team Google.
Detta all’inglese suonerà anche sofisticato, ma non cambia il fatto che messy middle, letteralmente vuol dire “la parte di mezzo incasinata”.
È il labirinto in cui entri quando decidi che vuoi comprare e da cui esci quando compri.
Sarà deformazione professionale, ma di fronte a quest’immagine non ho resistito all’impulso di osservare l’accozzaglia di cavi e chiarire come prevenire un tale macello. C’è infatti un modo per disingarbugliare il tutto a suon di neurocopy.
Bene, mentre per gli auricolari non c’è speranza, per quanto riguarda il messy middle…
… Non posso prometterti che il cervello del tuo cliente smetterà di creare connessioni neuronali fulminee e imprevedibili. Riceve troppi stimoli al secondo per non viaggiare alla velocità con cui viaggia.
Tuttavia, grazie al neurocopywriting potrai trasformare gli intrecci disordinati dei percorsi decisionali dei clienti in scivoli acquatici su cui il tuo marketing scorre liscio come l’olio… fino a portare il tuo cliente alla decisione che vuoi tu!
Cos’è il messy middle e come può farti perdere clienti
Il concetto di messy middle si riferisce alla giungla di scelte a disposizione del cliente che lui ha imparato ad attraversare ricorrendo a scorciatoie.
Ecco, se ti stai chiedendo quali saranno mai queste scorciatoie… Sì. Sono proprio loro. I nostri amici bias.
Gli errori cognitivi che aiutano tanto il nostro cervello a destreggiarsi con velocità nella foresta selvaggia di scelte da compiere ogni secondo.
Sono le liane che ti catapultano da un punto all’altro della giungla, senza costringerti a passare dal groviglio di verde a suon di colpi di falce.
In questo modo il tuo cervello risparmia tempo e fatica. Ma c’è un problema. Esattamente come la liana può farti schiantare contro il tronco di una quercia, allo stesso modo il bias può farti arrivare a una conclusione sbagliata.
Questo è il motivo per cui quando prepari il tuo materiale marketing non puoi rischiare di toccare leve sbagliate e affidare la tua comunicazione a un “professionista” improvvisato o non preparato a dovere.
Anche un competitor scadente può batterti se sa come sfruttare i bias dei tuoi clienti
Per darti un’idea della potenza dei bias, fa al caso nostro un esperimento, e so già che per molti sarà scioccante.
ll duo Google-The Behavioural Architects ha esposto un campione di consumatori a 310.000 scenari simulati di acquisto, in 31 categorie di servizi.
I partecipanti dovevano scegliere il loro primo e secondo brand preferito all’interno di una categoria.
Gli scienziati hanno poi applicato una serie di bias. Obiettivo era capire se i clienti erano disposti a cambiare le loro preferenze da un brand a un altro.
La risposta è un tuonante “SÌ”.
Per esempio, un brand di pacchetti vacanze è stato affiancato a un concorrente con una comunicazione rimpolpata di 6 bias diversi. Il risultato è che ha perso l’88% dei clienti che l’avevano scelto come preferito.
Non so se si è capito.
Un Ciccio Bello qualsiasi, con una strategia costruita ad hoc sui meccanismi decisionali dei consumatori, può arrivare dal nulla... e lasciarti un 12% dei clienti che ti avevano già scelto come il loro preferito.
E non è la notizia più allarmante.
Queste vecchie volpi di Google erano motivate a testare uno scenario estremo. Per ricrearlo, hanno pensato bene di inserire in ciascuna categoria anche un brand immaginario al quale i clienti non erano MAI stati esposti prima.
Ecco com’è andata.
Non solo i prodotti consolidati nel mercato non hanno mantenuto la posizione di primi in classifica tra chi li aveva votati come preferiti, ma addirittura sono stati “traditi” per il prodotto immaginario a cui erano stati applicati dei bias.
Com’era?
Il prodotto di qualità vince su tutto?
Se il prodotto è buono si vende da solo?
No.
Il prodotto migliore può essere battuto persino da un concorrente che non esiste, se stimola i sistemi decisionali dei clienti meglio di te
In particolare, la categoria a cui è andata meglio è quella dei cereali. Il brand inventato con recensioni 5 stelle e sconto del 20% strappa “solo” il 28% delle preferenze al primo in classifica.
C’è un vincitore nella gara di chi ruba più quote di mercato a quello che era il brand preferito dei consumatori.
The winner is…
Un’agenzia di assicurazioni auto fittizia che con l’uso di ben 6 bias diversi si è portata a casa, udite udite, l’87% delle preferenze.
Se sei curioso di controllare anche le altre categorie, eccole. In arancione trovi la percentuale di clienti che hanno tolto la loro preferenza al brand di prima scelta per portarla al brand inventato. Esatto, quello che sfruttava i bias.
Ecco perché tuo copy DEVE essere studiato a tavolino sulla base del tuo target, dei suoi meccanismi decisionali, delle sue leve emotive
I motivi sono nero su bianco.
Anzi, arancione su giallo.
Quella torre color carota che schiaccia impietosa sotto il suo peso la colonnina gialla, rappresenta la facilità con cui un tuo competitor può strapparti via preziose quote di mercato con la velocità (e il dolore) della ceretta.
Che tu sia arrivato prima, che tu sia il migliore, che tu sia il più attento e preciso, il più affidabile e onesto, purtroppo al tuo cliente non importa. A meno che non glielo fai capire tu.
Oggi però non mi sono messo a scrivere solo per darti brutte notizie, non dimentichiamo l’altra faccia della medaglia!
Se l’uso dei bias riesce a mettere in una condizione di vantaggio competitivo aziende immaginarie (quindi qualità zero), prova un secondo a calcolare quanto può spingere in alto te, il tuo servizio o prodotto che, tanto per iniziare, quantomeno esistete davvero!
Chiarito questo, è arrivato il momento di capire cosa c’è in questa matassa da sfilare.
Il loop (quasi) infinito tra esplorazione e valutazione
Stando alla ricerca portata avanti dal team Google il processo decisionale dei consumatori ha delle caratteristiche ben definite.
Il nostro primo capitolo come clienti inizia già quando siamo a passeggio in un lungo vialone pieno di negozi. Pressoché infiniti, se il vialone è internet. Finché una vetrina cattura la nostra attenzione.
Se ci avviciniamo ed effettivamente ci piace ciò che abbiamo di fronte, facciamo un passo avanti nel nostro percorso decisionale.
Se non è così, poco importa, il vialone è immenso e abbiamo mosso appena due passi.
Nel momento in cui siamo alla ricerca di qualcosa e stiamo valutando le alternative a disposizione, entriamo in un loop a forma di infinito: passiamo costantemente tra esplorazione e valutazione.
In questo loop il tuo potenziale cliente è all’interno di motori di ricerca, siti di recensioni, social media, piattaforme video, forum di discussioni, pagine web, siti di confronto, gruppi di interesse, blog, siti di coupon, offerte e compagnia bella.
- L’esplorazione è un’attività espansiva: aggiungi opzioni, brand, categorie ecc.
- La valutazione è riduttiva, o almeno punta a esserlo eliminando delle alternative.
Per esempio, mettiamo che stai cercando un tavolo su un sito.
Nella fase di esplorazione cerchi di vederne quanti più possibile per capire il genere che fa al caso tuo.
Nella fase di valutazione inizi a scartare.
Magari hai capito che vuoi tavoli rotondi: via i quadrati.
Ora entri di nuovo nella fase di esplorazione cercando i tavoli rotondi che potrebbero piacerti di più: hai capito che ti piacciono in marmo.
Vai di nuovo in fase di valutazione escludendo i tavoli che non sono in marmo.
Ma attenzione, perché abbiamo detto che è un messy middle.
Non è un imbuto in cui man mano scarti le opzioni fino a che rimani con l’unica giusta, pronta in mano col fiocco rosso.
Puoi infatti imbatterti in un bellissimo tavolo quadrato di marmo e inizi a valutare se prenderlo in considerazione.
Oppure puoi vedere in fase di esplorazione un set tavolo-sedia-libreria che ti cattura il cuore. In fase di valutazione ti tocca capire se scartarlo perché la libreria non ti serve o se ripensare all’intera organizzazione del tuo salone.
E se alla fine ti decidi per riorganizzare l’intero salone?
Very messy middle.
Ecco come entra in gioco la tua comunicazione nel disordine del messy middle
Posso affermare con nonchalance che tutta l’importanza che in Propagando diamo al copywriting fatto come Dio comanda, trova le sue origini e basi scientifiche in un istinto primordiale degli animali.
Un predatore calcola quanta energia gli servirà per cacciare la preda e la compara con l’energia che ricaverà dal mangiarla.
Noi umani facciamo lo stesso quando siamo impegnati nello shopping.
Consciamente o meno, compariamo quanto è facile trovare l’informazione che cerchiamo rispetto all’utilità di quell’informazione.
Se il tuo sito è:
- lento come una tartaruga bicentenaria ferita da un proiettile;
- per trovare la sezione articoli devo scrollare 2 ore;
- mi tocca aprire 62 finestre prima di azzeccare quella giusta;
- una volta che inizio a leggere vedo che le informazioni sono enigmatiche e non chiare
- hanno pure la stessa utilità del mestolo forato per mangiare la zuppa…
… Ciaone!
E se ho fatto tutti questi tentativi sono già un cliente con un livello di pazienza e motivazione sopra la media.
In realtà la maggior parte degli internauti capiscono che non ti sei speso per fargliela facile. Quando è così, si assicurano di cambiare fonte di informazione prima di averci sprecato troppo tempo.
L’obiettivo del marketing è rassicurare
Non te l’ho detto prima, ma questo messy middle è complesso solo per chi si occupa del marketing. Per il consumatore è un processo ben lineare.
Per il cliente è il suo normale comportamento quando è nel mezzo di una decisione d’acquisto.
Infatti i bias, inseriti in una strategia di comunicazione intelligente, non hanno l’obiettivo di tirare via le persone da quel loop di esplorazione e valutazione.
Devono accompagnarle nella giostra con le informazioni che gli servono in base al punto in cui si trovano, in modo da farle sentire al sicuro e lasciarle andare avanti fino all’approdo alla decisione finale.
Voglio dire, se il cliente passa dagli scivoli acquatici gli darai un impermeabile.
Se sale sulle montagne russe gli metti il blocco di sicurezza.
Questo è un altro motivo per cui il tuo copy non può essere scritto a caso e appiccicato dove capita.
Tutto ciò che scrivi deve essere diverso in base alla fase del processo d’acquisto in cui si trova il potenziale cliente.
A che punto del funnel è? Quanto ne sa già? Che dubbi ha? Che materiali tuoi ha già visto?
E così via.
Solo così il tuo cliente si gode in tranquillità il percorso e a giochi fatti si sente sicuro a uscire dal messy middle e completare l’acquisto (da te).
Exposure – L’esposizione che brucia più clienti di quella solare
Tanto per rendere la situazione più interessante – e più complicata per chi ha un’azienda – c’è un altro fattore che non fa parte del processo del messy middle, ma ci aleggia sopra come una sottile nebbia.
Si tratta dell’esposizione del potenziale cliente al tuo prodotto o servizio.
È l’insieme delle tue pubblicità, della tua presenza dentro e fuori dal web, nelle conversazioni nei forum e al bar.
L’esposizione può avvenire in un punto qualsiasi all’interno del cerchio dell’immagine sopra.
- Il cliente può essere esposto alla tua presenza prima ancora di valutare se comprare qualcosa da te.
- L’esposizione può essere parte dell’ingranaggio che scatena il desiderio d’acquistare (triggers).
- Può essere ricercata attivamente una volta scattata la decisione di comprare (exploration-evaluation).
- E può, dulcis in fundo, essere un fattore decisivo per la scelta finale (purchase).
Con il tuo materiale marketing e la tua comunicazione, in altre parole, stai “contaminando” i tuoi potenziali clienti prima ancora che loro sappiano di essere tuoi potenziali clienti.
È per questo che se curi la tua presenza e comunicazione con i giusti criteri, il tuo vantaggio competitivo nel medio e lungo termine si amplierà a macchia d’olio.
In più, l’esposizione non è composta solo dal tuo brand e dalla percezione del tuo brand.
Include anche la percezione della tua intera categoria.
Insomma, se nel tuo settore sei accerchiato da “professionisti” che lavorano ad mentula canis, oltre a buttarsi la zappa sui piedi da soli, stanno contaminando col tanfo del loro lavoro approssimativo quella scia profumata per cui ti stai facendo il mazzo.
L’esposizione è una dinamica inevitabile e visto che non puoi annegare le “puzzole” di turno, l’unica opzione che resta è aumentare la pervasività del tuo profumo e ampliare il suo raggio di espansione.
Questo lo fai col copy.
A condizione che sia progettato su basi scientifiche, scienze comportamentali e analisi di mercato.
Non solo il copy fatto così provvede a creare un’esposizione costante che aleggi sul messy middle, ma ti permette anche di accorciare la distanza tra il trigger e il momento d’acquisto.
Ai ricercatori che hanno portato avanti lo studio sul messy middle è stata posta una domanda interessante, ma che dal mio punto di vista presuppone uno scenario più che utopico.
«E se tutte le aziende del mondo, consapevoli di questo meccanismo, inizieranno a curare con efficacia ed efficienza la loro presenza? Non si crea sempre lo stesso messy middle, ma a un livello più “sofisticato”?»
Una sorta di messy middle deluxe?
Non succederà.
Se anche tutti gli imprenditori conoscessero l’intricato funzionamento dei meccanismi decisionali dei clienti, non vuol dire che sia sufficiente per riuscire a inserirli nel marketing della propria azienda.
Quello è un lavoro diverso.
È il nostro lavoro.
Se ci segui da un po’ avrai notato che in ogni materiale che pubblichiamo sveliamo i principi su cui ci basiamo per creare la comunicazione ad hoc per i nostri clienti.
Non siamo mica “usciti pazzi”.
Sappiamo perfettamente che avere tutte le informazioni snocciolate e pronte all’uso – a disposizione di tutti, anche dei nostri competitor – non sarà mai sufficiente per sapere come metterle in pratica con successo caso per caso. Azienda per azienda. Mercato per mercato.
È un lavoro che richiede un livello di studio, impegno e dedizione che pochi sono disposti a mettere.
I 4 punti per portare il cliente smarrito nel messy middle a comprare da te
Tirando le somme, per destreggiarti in questo groviglio del messy middle, i ricercatori Google hanno identificato 4 mosse da mettere in pratica SEMPRE.
1) Devi garantire la presenza del tuo brand in modo strategico.
Ciò che fai deve essere chiaro, facile da notare e ricordare mentre i clienti sono persi nel loop dell’esplorazione e della valutazione. In altre parole devi creare del materiale marketing in linea con il tuo posizionamento, che lo ribadisca e diffonda.
2) Devi applicare i principi delle scienze comportamentali, delle neuroscienze, della neuropsicologia.
Il tuo copy non può essere frutto di una penna creativa in cerca di libero sfogo nel mondo dell’internette. Solo un copy scritto con basi scientifiche ti aiuterà nell’impresa.
3) Devi puntare ad avvicinare il momento del trigger a quello dell’acquisto.
Lo puoi fare sfruttando i bias e creando una strategia di comunicazione studiata apposta per te. In questo modo riduci il tempo di potenziale esposizione dei tuoi clienti ai concorrenti. Quindi, caro content creator che sei là fuori: devi anche ricordarti di vendere.
4) Devi avere a disposizione un team competente e allineato che lavori in sinergia su tutte le sfaccettature della tua presenza online.
Per esempio, noi ci occupiamo del copy, ma abbiamo il nostro reparto grafico che lavora in linea con i nostri principi. Non possiamo fare diversamente perché sappiamo che una grafica orrida può ostacolare anche il copy di qualità.
E lo stesso vale per tutti i reparti che concorrono al successo del copy che scriviamo per i nostri clienti.
Le aziende che non applicano il punto 4 sono facilmente riconoscibili perché magari hanno un sito curato che spinge un posizionamento e poi pagine social che sembrano appartenere a ad altre aziende.
Per la serie, tu vuoi piantare fiori e prepari il terreno creando le buche, e affianco c’è quello che lavora con te ma non ti parla che vedendo le buche ne approfitta per nascondere delle macerie.
Se guardi la scena da fuori ti fai anche due risate, ma se sei quello che suda sette camicie per far sbocciare i fiori più belli del vicinato. ti partono i santi associati ad animali da fattoria. Ed è comprensibile.
A questo punto dovrei dirti cosa facciamo in Propagando, ma mi sono reso conto che il team di Google l’ha appena fatto per me.
Scriviamo e prepariamo materiale di marketing che:
- creino o ribadiscano il tuo posizionamento;
- si basano sulle fondamenta scientifiche dei processi decisionali dei tuoi clienti, non sull’emotività di chi si ritrova a sbattere con le dita sulla tastiera;
- sfruttano le leve e i bias più indicati per il tuo target con analisi scrupolosa.
Il tutto, con un team di grafica, design, cartotecnica, media buying, videomaking di reparti diversi che si occupano di amplificare al massimo il potenziale di ogni parola scritta.
Visto che il nostro lavoro coincide per filo e per segno con i criteri da rispettare per far uscire un’anima smarrita dal messy middle, posso sfruttare questo nuovo concetto per metterla così:
In Propagando progettiamo al dettaglio la strategia di comunicazione per la tua azienda che, come il filo di Arianna, guida il tuo cliente nel labirinto del messy middle e lo fa uscire dal tuo negozio con l’acquisto in mano.
Non è un gioco da ragazzi garantire questo risultato, ma è quello che facciamo e siamo gli unici in Italia a farlo rispettando i 4 punti che hai appena letto.
Se vuoi poter contare anche tu sulla stessa promessa, ci trovi QUI
Noi ci occuperemo di mantenerla come abbiamo fatto finora con i nostri clienti.