Il vero scopo della pre-headline che nessuno ti ha detto

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Mettiamo che mentre ti stai procacciando del cibo al solito supermercato senti una voce all’altoparlante che reclama attenzione.

I carrelli si fermano un istante.

“Il proprietario della Fiat 500 nera targata Como è desiderato alla cassa 9.”

Un secondo dopo, tutti (tranne Bertuccio, il proprietario della macchina) continuano a fare la spesa.

L’altoparlante ha fatto arrivare il messaggio a chi doveva ascoltarlo e permesso a tutti gli altri di continuare indisturbati con le loro faccende.

So che ti hanno detto che la pre headline serve esattamente a questo.

Individuare velocemente chi è propenso ad acquistare da te e cerca le soluzioni che offri (escludendo tutti gli altri) è infatti il principale scopo con cui devi progettare la tua pre-headline. Ma non è l’unico.

Del secondo, quasi tutti se ne dimenticano ed è proprio ciò di cui ti parlerò adesso.

Non posso però andare dritto al punto lasciandoti un lapidario “ecco, serve a questo”, perché non te ne faresti nulla della conclusione se non è chiara la logica che ti ci fa arrivare.

Quindi, zaino in spalla e partiamo per questo ragionamento!

Perché alcune persone partecipano ai sondaggi e altri no?

Prendiamo i sondaggi: un perfetto esempio di una richiesta a compiere un’azione (in questo caso, rispondere a delle domande) che ci entusiasma quanto leggere le mail del commercialista.

Tired Alec Baldwin GIF by The Boss Baby

Gli esperti di ricerche di mercato attribuiscono un peso enorme alle informazioni sui consumatori: ritengono che siano preziose per fornire a chi vende tutti i dati necessari a soddisfare le esigenze dei potenziali clienti.

È per questo che fior fiori di aziende, interessate a conoscere bisogni e desideri della clientela presente e futura, investono somme da capogiro per scoprirli.

Il problema più grande di tutte quelle organizzazioni che si occupano di raccogliere dati è che la maggior parte di noi non ha nessuna voglia di partecipare a sondaggi, gruppi di discussione e prove di assaggio.

TV gif. Martin Lawrence from Martin peers longingly at a plate piled high with steak, potatoes, gravy, and vegetables with wide-eyed joy and anticipation.

Ok. Forse alle prove di assaggio si.

Anche con incentivi considerevoli tipo buoni regalo, pagamenti in contanti o prodotti gratuiti, la percentuale di persone che accetta di collaborare resta bassa quanto la motivazione dell’italiano medio ad alzarsi il lunedì mattina.

Questo preoccupa gli addetti alle ricerche di mercato, visto che per avere dati attendibili che rappresentino davvero l’atteggiamento del target nel suo insieme, il campione di partecipanti non può equivalere al numero di abitanti di Morterone (se te lo stai chiedendo, è 33).

Ed ecco quindi la domanda che si sono posti San Bolkan e Peter Andersen nel loro studio Psychology Basic and Applied Social Psychology.

“C’è un modo per aumentare il numero di partecipanti ai sondaggi?”

E se raccogliamo l’informazione dai consumatori sfruttando l’azione pre-suasiva di una specifica domanda?

Ora, a tutti noi è capitato di essere avvicinati, in un supermercato o in un centro commerciale, da un giovane armato di bloc-notes che ci chiede qualche minuto di tempo.

Come avviene in tutti questi casi, anche per i due sperimentatori, i primi dati sono stati molto deludenti: appena il 29% dei “placcati” aveva accettato di rispondere a domande.

Ma Bolkan e Andersen hanno pensato di poter incrementare la partecipazione senza dover ricorrere a nessuno dei costosi incentivi che tanto spesso le aziende sono costrette a offrire.

Con un secondo campione, hanno esordito con un’apertura leggermente manipolatoria.

Hanno inserito la domanda: “Ritiene di essere una persona disponibile e collaborativa?“.

Dopo una breve riflessione, quasi tutti rispondevano di sì.

È in quel momento – dopo che i soggetti avevano confermato in privato e affermato in pubblico di avere una disposizione collaborativa – che i ricercatori affondavano il colpo, chiedendo di collaborare all’indagine.

E stavolta il 77.3% aveva accettato.

Il motivo di questo cambiamento è individuabile in un bias (tanto per cambiare) che prende il nome di self-consistency bias.

Non è altro che il bisogno di sentirsi coerenti con se stessi, che puoi sfruttare ad arte nel copy.

Usa la Legge della Coerenza per convincere i tuoi lettori sin dalla pre-headline

Usare la Legge della Coerenza nel tuo copy ti dà il potenziale di aumentare in un amen le conversioni delle tue sales letter.

Essere contraddittori non è un tratto caratteriale che desideriamo ci venga attribuito. 

La legge della coerenza si può vedere all’opera in molte situazioni e la sua dimostrazione più semplice ci è stata data dallo psicologo Thomas Moriarty. 

Lo studioso ha organizzato un test su una spiaggia di New York.

Aveva due complici.

  • Il primo ha disposto un telo da mare e una radiolina portatile a pochi metri da un soggetto scelto a caso. Il ricercatore è rimasto sdraiato per qualche minuto e poi si è alzato ed è andato a fare una passeggiata, lasciando incustoditi telo e radiolina. 
  • Qualche minuto dopo, il secondo ricercatore, che interpretava il ladro, è andato a prendere il telo e la radio. 

Il test consisteva nell’osservare il comportamento del soggetto selezionato che si trovava vicino al telo e alla radio e che aveva certamente assistito al furto. 

Nelle prime condizioni sperimentali, su 20 furti, solo quattro soggetti hanno provato a fermare il ladro. 

Comprensibilmente poche persone sono disposte a intervenire, con il rischio di essere aggredite per aver protetto i beni di uno sconosciuto. 

I ricercatori si sono chiesti:

“Come si può usare la legge della coerenza per rovesciare le probabilità e fare in modo che 19 soggetti su 20 provino a fermare il ladro?”

Proprio come per lo studio precedente, la soluzione è stata inserire una semplice domanda. 

Prima di lasciare le sue cose per andare a passeggiare, il primo ricercatore aveva detto al soggetto: “Posso chiederti il favore di tenere d’occhio il mio telo e la mia radio?” e aveva aspettato che il soggetto rispondesse verbalmente e pubblicamente in senso positivo. 

Poiché le persone desiderano essere coerenti, quelle che avevano risposto positivamente si sono sentite poi in dovere di agire.

Ed ecco che 19 soggetti su 20 hanno provato a fermare il ladro. 

Altro esempio è quello dello psicologo sociale Steven Sherman, che è riuscito a incrementare del 700 per cento il numero di volontari disposti a bussare porta a porta per chiedere donazioni per un’associazione benefica. 

Come? 

Anziché chiedere alle persone di impegnarsi subito nel volontariato, ha introdotto un passaggio. 

I ricercatori hanno telefonato ai soggetti e hanno chiesto di indovinare quanti, inclusi loro stessi, sarebbero stati disposti a passare tre ore a raccogliere donazioni per la American Cancer Society, e a questa domanda quasi tutti hanno risposto: “la stragrande maggioranza di noi lo farebbe“. 

Pochi giorni dopo le stesse persone hanno ricevuto una telefonata dall’American Cancer Society che chiedeva loro di fare volontariato, e poiché i soggetti volevano essere coerenti con la dichiarazione fatta in precedenza (e l’impegno implicitamente preso), il numero dei volontari era stato sette volte maggiore rispetto ai precedenti tentativi perché quasi tutti avevano detto in una telefonata che sarebbero stati disposti a collaborare. 

Il nostro cervello si sente in obbligo di rispettare la parola data a… se stesso.

E tu puoi sfruttare questa necessità anche nel copy, già dalla preheadline.

Quella piccola frase che precede il titolo della tua sales letter non serve quindi solo a targetizzare il tuo pubblico, ma anche a far sì che il tuo lettore stipuli un contratto mentale con se stesso.

Per questo motivo devi curare così tanto l’apertura dei tuoi pezzi di copy.

Un esempio? Prendi la preheadline della sales letter di Propagando: 

“ATTENZIONE: non leggere questa lettera se ritieni eticamente (o moralmente) scorretto manipolare i clienti difficili che snobbano la qualità del tuo prodotto o servizio, ignorano i tuoi tentativi di aiutarli e pensano che vuoi solo fregarli senza capire che la tua soluzione potrebbe essere quella di cui hanno bisogno…”

Di fatto, cosa sta insinuando?

Sicuramente che devi essere un imprenditore con le palle per ricorrere ai nostri servizi e non hai paura di usare certe leve!

Di contro, sta implicitamente affermando che se non hai a cuore il successo della tua azienda o se sei uno che ha “paura di sporcarsi le mani” puoi benissimo fare a meno di leggere il resto del testo.

Ovviamente nessuno ama sentirsi un debosciato e quindi, per soddisfare il bisogno di coerenza di essere uno tosto, il lettore comincia a leggere e rimane intrappolato nella tela del copy.

Capito il gioco?

Qui giochiamo a carte scoperte, e i nostri clienti ci apprezzano per questo. O meglio, ci apprezzano per i risultati che ottengono grazie a un copy progettato secondo principi scientifici e psicologici. Non intuitivi, poetici e creativi.

Scrivere bene, scrivere bei contenuti, essere in grado di avere un’idea dietro l’altra è solo la base per poter pensare di scrivere per vendere, ma il vero lavoro di conversione non lo fa la poesia, l’estro creativo, l’ispirazione improvvisa.

A convertire i tuoi testi in clienti paganti ci pensa la corretta e sottile applicazione di una copy strategy che riesca ad assecondare i meccanismi decisionali dei tuoi clienti.

Se anche tu ti senti pronto a mettere le leggi del neurocopy al tuo servizio, sai dove trovarci!

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