Complimenti al ristoratore per il customer care, ma…

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Pochi giorni fa sono stato sequestrato dalle mie fatiche, per festeggiare un evento molto importante. Qualcosa da cui non ci si può salvare con una telefonata di cortesia e un giro di spritz.

Era il compleanno della Fra.

Per l’occasione, ho deciso di armare direttamente i grossi calibri, e di portarla a pranzo in un ristorante un po’ pettinato.

Di quelli che fanno rabbrividire i frequentatori di Gigi il Troione che si immaginano porzioni minimal in cambio di un conto tipo il debito pubblico venezuelano.

Per i gourmet, invece, è un piccolo gioiellino su un rooftop vicino al Monumentale. È stato un pranzo estremamente piacevole, curato in ogni dettaglio.

Ma non sono qui solo per parlare della pantagruelica abbuffata di cui abbiamo goduto.

Anzi, sto per fare qualcosa di estremamente raro, nel mio settore.

Qualcosa che pochissimi marketer italiani si azzardano a fare, perché diciamolo, è più facile criticare che guardare il buono che c’è in giro.

Sto per fare i complimenti al marketing del locale.

Il buon marketing è buono a prescindere da chi lo metta in atto.

Anche un non professionista può fare cose giuste, senza diventare pazzo in chissà quali complicatissime strategie di acquisizione clienti online.

Che cosa avrebbe fatto di tanto meraviglioso? Poche cose, ma ben concepite.

In primis, la prenotazione online.

Apri il loro sito, vai alla sezione “prenota tavolo”, ed ecco un semplicissimo form per ottenere il tuo posto.

Sembra un’ovvietà.

Come sembra ovvio che la Terra sia tonda, ma è diventato ovvio solo quando lo hanno fatto notare i Greci antichi.

Se esistono parecchi sketch comici sulle prenotazioni telefoniche, c’è sicuramente un motivo. Io stesso sono finito sotto quelle forche caudine, pochi giorni prima di questo pranzo.

Telefono ad un altro ristorante.

“Buongiorno, volevo prenotare un tavolo per quattro persone alle 8, a nome Andrea.
“Aspetta che me lo segno… Per quante persone?
“Per quattro.”
A che ora?
“…alle 8…”
Mi dice che nome?

Che poi, per carità, il teatro dell’assurdo è pure divertente. Fin quando non sei tu quello che sta aspettando Godot.

Un form di questo tipo è semplice.

Si compila in dieci secondi, senza troppi sbattimenti. Puoi prenotare al volo mentre stai lavorando. Ha talmente tanti vantaggi in termini di customer e raccolta dati (vero patrimonio di ogni imprenditore) da chiedersi perchè non lo usino tutti.

Primo punto a favore di questo ristorante.

Ma andiamo avanti.

Il giorno dopo, mi arriva via mail un questionario di gradimento.

Altra ottima mossa. Non esiste metodo migliore per valutare la soddisfazione del cliente.

La famigerata Customer Satisfaction è una metrica importantissima, perché da essa discendono una marea di conseguenze che si legano a doppio legame alla creazione di nuovi clienti e alla fidelizzazione di quelli vecchi

Un cliente soddisfatto infatti ha una maggiore lealtà verso l’azienda, tende a spendere di più e soprattutto, diventa una fonte di passaparola.

Quindi, secondo punto a favore.

Ottimo lavoro.

Tuttavia, per quanto capace sia stato il padrone del ristorante, chiaramente non è un professionista del marketing.

E siccome io sono un cagaca**i, cerco sempre il pelo nell’uovo che potrebbe aiutare ogni imprenditore a fare meglio.

Primo problema: al questionario non era legata nessuna offerta.

Sembra un dettaglio da poco, ma è quello che può fare la differenza tra un semplice customer care e un’intelligente strategia di marketing.

Partiamo da più lontano.

Il cosiddetto passaparola, che chiamiamo referral marketing, è uno strumento di marketing di una potenza estrema.

L’uomo è per natura un animale sociale. A tutti viene naturale condividere le proprie esperienze con gli amici, o con i conoscenti più stretti.

Condividiamo tanto le esperienze piacevoli quanto quelle spiacevoli.

È qualcosa che ci ha aiutati moltissimo dal punto di vista evolutivo: imparare dagli errori altrui è una bella scorciatoia. Soprattutto in epoche in cui sbagliare significava finire in bocca a orsi, tigri e compagnia ruggente.

Tuttora, secondo il Nielsen Institute, il 92% dei consumatori si fida ciecamente dei consigli dei propri amici e conoscenti.

Allo stesso tempo, per McKinsey, il passaparola influenza il 50% di tutte le decisioni di acquisto. Non solo: a quanto pare, genera il doppio delle vendite rispetto alla pubblicità propriamente detta.

Uno strumentino decisamente efficace, insomma.

Senza contare che, almeno a prima vista, è totalmente gratuito. Se offri un ottimo prodotto, i clienti verranno da soli, portati dai loro amici.

“Mr. Hula Hoop.” Film estremamente sottovalutato.

Ecco, questo magari non è esattamente realistico.

Se ogni singolo cliente soddisfatto ne parlasse a ogni persona che conosce, ovviamente non sapresti più come stare dietro alle vendite.

E invece, si calcola che circa l’83% dei clienti è disposto a parlare di un buon acquisto ai suoi amici. Ma solo il 29% lo fa davvero.

Perchè? La risposta è abbastanza semplice, ma il problema è complicato.

È tutta questione di tempismo!

Per tornare all’esempio iniziale, pensa all’ultima volta che hai pranzato in qualche posto eccellente. Sei uscito con una voglia tremenda di raccontare a tutti dove sei stato, ma poi il lavoro ti ha impedito di vedere chiunque per una settimana.

A quel punto, l’esperienza è sfumata nella tua mente, svanita tra i rumori di fondo della vita quotidiana.

Qualcuno a questo punto salterà su e dirà: “È vero, ma puoi sempre contattare tu il cliente e ricordargli, con garbo, di farti un po’ di passaparola.”

Giustissimo, ma anche questo va fatto al momento opportuno.

Nel bene o nel male, al giorno d’oggi, qualsiasi messaggio non espressamente richiesto è considerato fastidioso. Soprattutto se arriva al momento sbagliato.

Lo stesso problema temporale si ha con le offerte di riacquisto. Non si può entrare a gamba tesa nella privacy di un cliente, senza nessun preavviso, e offrirgli un buono sconto.
Si rischia la celebre reazione alla Sora Lella nel film di Verdone.

“Nonna, m’hanno fatto un buono, che vor di?”

“Vuol dire che la vostra cortese offerta non ottiene la mia attenzione.”

Dunque, cosa si fa?

Si fa selezione, come abbiamo già consigliato.

In questi casi, in particolare, si fa selezione sfruttando proprio il questionario di gradimento.

Un cliente estremamente soddisfatto, dopotutto, non è solo un cliente più leale. È un cliente che ti fa guadagnare molto di più. Il 25% in più, a quanto pare.

Quindi, la prima cosa da fare è utilizzare i questionari per fare una scrematura, ovvero per trovare i più soddisfatti tra i tuoi clienti.

A quel punto, una volta selezionati, si può iniziare a coccolarli con offerte dedicate espressamente a loro

Non necessariamente sconti sul riacquisto, che quella è roba da discount.

Nel caso del locale in cui sono stato, potrebbe essere una buona idea offrire la possibilità di un aperitivo elitario. O magari offrire un incentivo se porti con te un amico.

In sintesi, parafrasando l’ossuto critico di Ratatouille:

“Non tutti possono diventare dei grandi copywriter, ma un buon lavoro di base è alla portata di chiunque.”

Detto questo, il problema è il mondo è letteralmente saturo di pubblicità. Fare un buon lavoro, al giorno d’oggi, può essere utile a darti un pochino di spinta in più.

Ma tutti quanti, con un po’ di studio e di esperienza, possono arrivare a fare un buon lavoro di copywriting,

Per uscire dalla massa, e diventare l’airone che spicca sulle galline, la chiave è nei dettagli

Solo che quei dettagli sono un pochino come “la svolta” del famoso film di Nolan, The Prestige.

Ho preso qualcosa di ordinario e l’ho trasformato in qualcosa che esula dal normale copywriting.

Questo è il genere di lavoro che io e i miei collaboratori siamo in grado di fare. Fornire quei dettagli che sfuggono alla media degli imprenditori e degli operatori del settore, per farvi spiccare sulla massa.

Se vuoi farti aiutare a trovare i giusti dettagli per rendere il tuo marketing una vera chicca, clicca pure qui.