Donna.
Lavandaia.
Nera.
Siamo in America nei primi del ‘900. E la combo di queste tre caratteristiche non era di certo un lasciapassare per il successo imprenditoriale, a causa della mentalità patriarcale e razzista di quel tempo.
Eppure, Sarah Breedlove – nota come Madam C. J. Walker – è riuscita a trasformarle nei suoi punti di forza.
Quella che sto per raccontare è la storia di una donna forte, intraprendente e dalle intuizioni geniali che è diventata un’imprenditrice milionaria grazie alle sue sole forze e ad un potente strumento di neurocopy, sfruttato alla perfezione, nonostante le condizioni socioeconomiche più avverse che tu possa immaginare.
Anche se non sei una donna di colore negli Stati Uniti di inizio ‘900, ti assicuro che analizzare questa storia sotto la lente del marketing può insegnarti a sfruttare uno degli strumenti di neurocopy più efficaci di sempre, in un modo che quasi nessuno riesce a capire.
Sarah Walker è stata il primo membro della sua famiglia a nascere libera, per via del Proclama di emancipazione entrato in vigore nel 1863, ma ha comunque condotto una vita piena di sacrifici.
Ha lavorato in piantagioni per raccogliere il cotone, ha vissuto in una baracca per anni ed è rimasta vedova da giovane con una figlia piccola a carico a cui badare.
Come se questo non bastasse ha sofferto anche di una precoce perdita di capelli.
Tante donne soffrivano dello stesso problema, perché la maggior parte degli americani al tempo non aveva acqua corrente, riscaldamento ed elettricità in casa. Quindi facevano il bagno e lavavano i capelli raramente.
Il risultato erano malattie del cuoio capelluto.
Sarah Walker ha sperimentato rimedi casalinghi e prodotti già presenti sul mercato fino a quando non ha sviluppato lei stessa un proprio shampoo e una pomata a base di zolfo, per mantenere il cuoio capelluto sano e favorire la crescita dei capelli.
Ha iniziato così a produrre il suo shampoo e la sua pomata.
Parliamoci chiaro, non era di certo l’unica sul mercato con dei prodotti simili. Anche un’altra donna di colore, Annie Malone, aveva iniziato a commerciare una linea di shampoo a base di zolfo. Nel 1902 aveva aperto la sua ditta e aveva assunto la Walker come venditrice.
Ecco come Sarah ha iniziato a lavorare alla sua linea di prodotti per capelli. Si è resa conto di essere una brava venditrice e ha visto un’opportunità di successo nel settore.
Dopo svariate prove, finalmente Sarah è riuscita a realizzare un tonico che la aiutasse a far ricrescere i suoi capelli «più velocemente di quanto sono caduti», ha raccontato.
Ha iniziato a proporlo porta a porta, diventando la prima e più importante testimonial del prodotto.
Sullo sviluppo della sua formula, la Walker ha raccontato una storia, che da brava donna d’affari, sapeva avrebbe colpito l’immaginazione delle donne di colore a cui si rivolgeva.
Disse che la formula del suo prodotto per la crescita dei capelli le era stata rivelata in sogno da un “big black man” (un grande uomo nero).
Il prodotto funzionava.
«Trasformò se stessa nel migliore sponsor che cammina: altre donne guardavano i suoi capelli crescere e volevano provare un po’ del suo prodotto», ha spiegato A’Lelia Bundles, pro-pronipote di Sarah e sua biografa.
Nel 1906 Sarah si è sposata con Charles Joseph Walker, un editore di giornali.
Grazie alla sua lozione ha cominciato a ottenere una certa notorietà nel suo giro di amicizie e conoscenze.
Hanno iniziato a chiamarla tutti Madam C.J. Walker, per via di suo marito.
Un nome che lei stessa ha abbracciato definitivamente e che ha adottato anche per la sua linea di prodotti per capelli e piastre.
L’imprenditrice, pronta per il grande passo: con un investimento di 1,25 dollari, ha dato vita alla “Madame Walker’s Wonderful Hair Grower”.
La prima cosa che ha fatto è stato cooptare il marito nella sua impresa: visto il suo lavoro, mister Walker riusciva a ottenere spazi sui giornali letti dalle persone di colore, per pubblicizzare i prodotti della moglie.
Ma tutto questo non bastava.
Madame C.J. Walker, per non lasciare nulla al caso, ha creato persino uno script per le sue venditrici. Una storia da raccontare per vendere i suoi prodotti.
Dopo due anni di formazione, nel 1908, le agenti della Walker erano pronte a battere casa per casa gli stati del sud e della costa orientale degli Stati Uniti, facendosi chiamare “cultrici di bellezza”.
Una sorta di rappresentanti Avon ante litteram.
Il copy che ha portato Madam C. J. Walker al successo funziona anche per la tua impresa
Analizzare ciò che l’ha portata ad essere la prima donna milionaria d’America può aiutare la tua azienda a crescere, perché – come ti dimostrerò a breve – le tecniche che ha sfruttato sono tuttora valide e perfettamente replicabili.
(Non solo nel settore haircare).
Inoltre, i motivi più profondi e veri per cui i tuoi clienti decidono se comprare o meno qualcosa sono gli stessi che condizionavano le scelte di acquisto più di 100 anni fa.
Ma procediamo con ordine.
Sullo sviluppo del suo prodotto, come dicevo, la Walker raccontava la storia del grande uomo nero apparso in sogno.
In una comunità molto superstiziosa e poco erudita come quella afroamericana di inizio secolo, questo elemento “esoterico” suscitava una grande attrattiva.
Anche quando le sue venditrici andavano porta a porta a parlare con le clienti, raccontavano il sogno mistico e la rivelazione di come questa formula miracolosa – che si portava dietro un velo di mistero – avesse cambiato la vita di Madam Walker.
Lo so cosa stai pensando.
Ecco che mi sta per rifilare la solita solfa sull’importanza di creare una storia per il proprio brand.
In effetti questo potrebbe benissimo essere il classico articolo in cui ti ripeto per l’ennesima volta l’importanza di lavorare sullo storytelling.
Una cosa che puoi trovare praticamente in ogni blog di marketing che sia mai stato scritto.
Ma facciamo un passo avanti rispetto alla solita roba trita e ritrita sullo storytelling di cui ormai avrai piene le p… tasche.
Quanti imprenditori hai visto o sentito inventare storie più o meno credibili per vendere i propri prodotti?
Centinaia!
E quante di queste hanno funzionato?
Infinite meno.
Chiaro, perché una storia da sola non basta. La storia miracolosa sulla nascita del tuo prodotto è solo un racconto che scivola via e che spesso risulta troppo assurdo o artefatto per crederci davvero.
Insomma, il ciclo dell’eroe di Vogler va bene per raccontare una storia. Non per raccontare una storia che vende e consolida il brand.
In poche parole, lo stoytelling è morto. A meno che…
Quando nei corsi di marketing ti vendono “lo storytelling” come la tecnica miracolosa per tenere agganciato i tuoi clienti ai tuoi testi, ti stanno intortando di brutto.
Scusa la brutalità ma non c’è un modo carino per dirlo.
Lo storytelling non è la storia della tua azienda, della tua famiglia, dei prodotti che usi e tutta l’esperienza che hai fatto per arrivare dove sei oggi.
Quella è una narrazione.
Una biografia.
Una cronologia di eventi.
Insomma, chiamalo come ti pare… ma questo genere di storie non è vendita.
“Mio nonno aprì l’azienda nel 1960. Mio padre la fece crescere. Io ora custodisco la loro eredità. L’Impresa PINCOPALLO nasce da un giovane imprenditore, e prosegue oggi con una costante collaborazione padre-figlio. Lo spirito lavorativo, le capacità manageriali, l’alta professionalità delle maestranze, la scelta di materiali di alta qualità, l’utilizzo costante di tecnologie d’avanguardia rivolte in particolare a lavorazioni ad alto risparmio energetico, le sinergie delle risorse tecniche ed umane, la qualità e la cura meticolosa posta in ogni realizzazione, hanno da sempre accompagnato il cammino dell’Impresa PINCOPALLO in quasi 60 anni di attività. La qualità del nostro operato è garantita da tre fattori di estrema importanza: tradizione, professionalità e costante ricerca.”
Bello? Sì.
Interessante? Mica tanto…
Motivi per cui dovrei scegliere di darti i miei soldi? Zero.
La storia finalizzata alla vendita è uno strumento come tanti altri che può fare davvero la differenza in termini di conversioni, e quindi di clienti, solo se è appiccicosa.
Non è un tecnicismo. Lo so, è un termine inusuale da leggere in un blog di marketing.
Ma è il modo più semplice che ho trovato per rendere chiara l’idea di attaccamento al cervello dei tuoi clienti.
La storia, per funzionare, deve aggrapparsi alla mente di chi legge come se fosse un pezzetto di carta cosparso di mastice.
Si deve appiccicare al cervello dei tuoi clienti. E per far sì che questo accada, deve avere delle caratteristiche precise: stimolare e sfruttare dei particolari bias.
Ciò che fa la differenza in termini di efficacia di un racconto è il numero di stimoli neurologici che vengono toccati per fare in modo che i tuoi clienti si fidino di te e decidano di comprare da te invece che dagli altri.
In poche parole, in termini di vendita diretta non possiamo più parlare di storytelling, ma dobbiamo parlare di neurostorytelling
Il tuo marketing non deve e non può limitarsi a raccontare una semplice storia, per quanto creativa possa essere.
Devi raccontare una storia che riesca ad adattarsi e a condizionare i criteri decisionali dei tuoi clienti.
Madam Walker non ha raccontato una storia qualsiasi, tanto per incuriosire le sue clienti. Ma ha applicato una combo di strumenti che tutti insieme hanno stimolato dei bias.
Strumento 1: effetto underdog
L’effetto underdog ha questo nome per via di una pratica molto in voga nel diciannovesimo secolo, quando l’espressione “underdog” veniva usata per definire i combattimenti tra cani.
In particolare, il cane che veniva chiamato “under dog” era quello che perdeva il combattimento. Perché nel momento della sconfitta si trovava letteralmente sotto (under) il cane più forte che al contrario lo sovrastava.
Ad oggi l’espressione effetto underdog fa riferimento al caso in cui una persona che in occasione di una competizione è data come sfavorita, per via della propria posizione di debolezza, si trova ad essere sostenuta e preferita rispetto al più possibile vincitore.
Questa preferenza è stata riscontrata in più ambiti diversi: nello sport, nel business e nella politica.
Andrea e Marco hanno parlato in modo approfondito di come sfruttare questo strumento nel marketing (e in particolare nel copy) in un episodio del podcast.
In pratica, mettere in luce le difficoltà e i problemi che una persona ha dovuto affrontare per arrivare ad un risultato straordinario, ci porta inconsciamente a immedesimarci e fare il tifo per lei.
Tendiamo a tifare per una persona che mostra delle debolezze, perché crediamo che sia come noi. Ci fa tenerezza e pensiamo che meriti il successo che ha ottenuto.
Anche io ho iniziato raccontandoti la storia di Madame Walker perché è stata piena di limiti e difficoltà da superare.
È letteralmente nata sfavorita: donna, nera, povera, dai genitori schiavi, vedova e senza capelli. Una disgrazia dietro l’altra.
Il fatto che sia riuscita a superare tutti gli ostacoli che la vita le ha messo davanti prima di diventare milionaria, ha generato immedesimazione nella fascia di pubblico a cui si rivolgeva: altre donne come lei.
Quando promuovevano i prodotti della sua linea, le venditrici non nascondevano le umili origini di Madam C.J., e al contrario le mettevano in risalto, così le potenziali clienti la sentivano vicina: “una di loro”.
Una donna. Povera. Afroamericana. Sola contro tutti.
Se la sua storia ha sortito un effetto nei confronti delle donne che l’hanno ascoltata, non è stato perché si è messa a raccontare quali ingredienti componevano i suoi prodotti o la formula della ricetta miracolosa…
E nemmeno perché “lo storytelling è la tecnica definitiva per raddoppiare le tue venditeh1!1!!”.
Sfruttava un bias: l’effetto underdog.
Le altre donne nere come lei, povere, senza capelli e in difficoltà a cui si rivolgeva si immedesimavano in lei. Questo le portava ad aprirsi e a comprare i suoi prodotti.
Ma non sceglievano di comprare i suoi prodotti. Sceglievano di comprare la sua storia, che poteva vantare tanti altri elementi efficaci in termini di neurocopy.
Strumento 2: testimonianze
Come ti ho anticipato, Madam C. J. Walker ha iniziato la sua carriera di venditrice andando il giro casa per casa a parlare con donne proprio come lei.
Non ha provato ad avere successo in quei saloni di bellezza dove facoltose donne bianche annoiate trascorrevano le proprie giornate mentre i mariti erano al lavoro. Donne che vantavano sicuramente più disponibilità per comprare i suoi prodotti.
Si è rivolta a chi sapeva che avrebbe potuto immedesimarsi con la sua storia personale.
Lei stessa, in prima persona, era diventata la testimonianza vivente dell’utilità dei suoi prodotti. Il suo aspetto, infatti, non rispecchiava il suo status sociale.
Si presentava curata, con capelli lucidi, forti e folti e questo bastava a rassicurare coloro che la incontravano della validità dei suoi prodotti.
Il racconto della sua storia, unito alla prova tangibile del fatto che il suo shampoo e la sua crema per capelli funzionassero, ha abbattuto la diffidenza e la paura che ogni potenziale cliente ha prima di comprare.
Come ripete sempre Andrea, e come avrai già letto più volte qui sul blog di Propagando, “Fare Marketing” vuol dire rassicurare.
Il compito del marketing è abbassare il livello di diffidenza e incertezza dei tuoi clienti il più possibile. Solo in questo modo decideranno di acquistare il tuo prodotto o servizio.
L’uso delle testimonianze, scritte, ma anche visive come foto prima-dopo o video, sono tutti strumenti che se utilizzati saggiamente in combo con il tuo copy, possono abbattere il muro di diffidenza che tiene lontani i tuoi potenziali clienti.
Ho sottolineato più volte il fatto che Madame Walker si è rivolta a donne come lei per un motivo preciso. Le testimonianze hanno effetto SOLO se chi le legge riesce ad immedesimarvisi.
Si basa tutto sul bias di affinità
Se hai un sistema di raccolta testimonianze, già sei un passo avanti rispetto a molti altri imprenditori che ignorano la potenza di questo strumento.
Tuttavia, non basta raccogliere le testimonianze dei tuoi clienti per poi buttarle dentro una pagina o un manuale come viene viene.
Devi catalogarle.
In questo modo ogni nuovo potenziale cliente può riuscire a rispecchiarsi nella casistica dei tuoi già clienti.
E nella sua testa, tutte le obiezioni tipo “ma su di me questa cosa non funziona” o “eh ma il mio caso è diverso” si sgretolano.
Siamo molto più propensi a credere e fidarci di una persona che è partita da una situazione e da un contesto nel quale riusciamo ad identificarci.
Strumento 3: La storia deve consolidare il posizionamento
Marco ha scritto un articolo estremamente esaustivo sul rapporto tra copy e posizionamento.
Quello che però oggi voglio porre alla tua attenzione è un dettaglio che si rifà alla nostra storia.
Come dicevo a inizio articolo, all’epoca erano già diversi i rimedi casalinghi e non per la cura dei capelli. Eppure lo shampoo e la pomata della Walker sono diventati famosi in tutta America.
Come ha fatto a differenziare i propri prodotti da tutti gli altri?
Tramite “The Walker System” – un vero e proprio brand chiamato “Sistema Walker”. In pratica non si limitava a vendere i suoi prodotti sfusi come tutti gli altri, lei vendeva il suo metodo di tolettatura specifico per la crescita dei capelli e la cura del cuoio capelluto.
In questo modo non vendeva un prodotto.
Vendeva un risultato, garantito dall’acquisto di più prodotti.
Il sistema includeva uno shampoo, una pomata, una spazzola speciale e l’utilizzo di pettini in ferro caldi per rendere i capelli morbidi.
Un risultato → 4 prodotti venduti.
Nonostante altri imprenditori e aziende cosmetiche avessero avuto successo, l’azienda di Madam Walker aveva continuato a crescere con il passare del tempo.
La sua consapevolezza promozionale e pubblicitaria era molto in anticipo sui tempi.
Tutti i suoi prodotti avevano dei contenitori con la sua immagine sopra.
Non era una spazzola. Era la spazzola di Madam C. J.
Non era uno shampoo. Era lo shampoo di Madam C. J.
Questo ha contribuito a rendere ancora più popolare e riconoscibile il suo marchio.
Come portare anche la tua azienda allo stesso risultato
Come abbiamo visto, non è stato un solo elemento a fare la differenza e portare al successo Madam Walker.
Se Sarah avesse solo raccontato la sua storia, ma senza stimolare l’effetto underdog non avrebbe ottenuto lo stesso risultato.
E al tempo stesso, se non avesse dato la prova del funzionamento dei suoi prodotti nessun’altra donna si sarebbe fidata di lei.
Inoltre, se non avesse trovato un modo per differenziare il suo servizio da tutti gli altri con “The Walker System”, sarebbe rimasta solo una delle tante parrucchiere che nella storia hanno venduto degli shampoo.
Quello che voglio dire è che se è diventata la prima donna milionaria d’America è stato perché ha applicato una strategia completa. Costruita appositamente per portare le sue potenziali clienti ad abbattere la diffidenza e a decidere di comprare.
Marco ha usato un’espressione che rende molto bene l’idea, ed è: ecosistema di marketing.
Proprio come un puzzle, il tuo marketing è fatto da tanti piccoli strumenti che si devono incastrare e collaborare per creare una strategia completa.
Qui in Propagando siamo abituati a studiare come funzionano i processi decisionali delle persone e ad analizzare bene il target prima di scrivere qualsiasi cosa.
Ma se è vero che la potenza del neurocopy è scientifica perché mette in leva i bias che ognuno di noi inconsciamente usa per decidere se acquistare…
… è anche vero che ogni strumento che utilizziamo ha un senso perché inserito in una strategia completa.
Se hai già un tuo ecosistema di marketing che sfrutti strumenti online e offline per intercettare i tuoi potenziali clienti e aggrapparli al tuo copy grazie all’uso dei bias, non hai bisogno di noi. (O probabilmente sei già un cliente di Propagando).
Se invece vuoi provare cosa si prova a diventare tu stesso un caso di successo, clicca qui e studieremo insieme la strategia migliore per il tuo caso specifico.